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ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (121)
Ehm... Come sarebbe a dire? Lo sanno tutti che Asterix è un riuscitissimo e famoso personaggio disegnato da Uderzo, ma il disegno di un poster con Asterix che è stato allegato ad un numero del Giornalino
(in quel periodo il Giornalino aveva anche pubblicato alcune storie di
Asterix a puntate ed io avevo preparato anche diverse copertine ed
illustrazioni) che metto qui accanto è stato realizzato da Peroni... Ovviamente il titolo di questa puntata dei miei aneddoti vuol essere solo un motivo per incuriosire. In effetti il disegno di Asterix che si vede qui a lato è mio (di C. Peroni
- misura del disegno originale: cm 30 x 42,5)! Il fatto è che, anni fa
(mi sembra negli anni '80) in Italia io ero l'unico autorizzato da
Uderzo a disegnare Asterix ed ho fatto una valanga di disegni di tutti i
tipi: dai fumetti ai maxi-poster, dai Trasferix (i
trasferibili di Asterix) al merchandising, dalle illustrazioni piccole a
quelle grandi. Insomma, ho disegnato un po' di tutto con Asterix,
ovviamente con il permesso ufficiale di Uderzo con il quale avevo anche
una fitta corrispondenza e lui mi aveva anche spedito dei suoi schizzi
con gli studi per il "nuovo" Obelix. Infatti, proprio
in quel periodo Uderzo aveva deciso di modificare un po' le proporzioni
del personaggio Obelix che era diventato molto più alto, più grasso.
Insomma, mi aveva mandato tutte le indicazioni necessarie per poter
modificare anche io il personaggio Obelix. Purtroppo... durante uno dei
miei tanti traslochi, quei disegni sono andati smarriti (o meglio "rubati" da una ditta di spedizioni). Erano andati "persi"
alcuni scatoloni e dentro uno di questi c'erano proprio i disegni
originali di Uderzo! Io ci sono stato male per il dispiacere e mi sono,
ovviamente, arrabbiato con la ditta dei traslochi che mi ha chiesto
scusa e mi ha fatto un forte sconto nella cifra pattuita per il
trasloco, ma nessuna cifra al mondo poteva sostituire quel mio "tesoro" e
cioè i disegni originali del grande Uderzo (con le sue lettere
autografe). Purtroppo mi è anche rimasta poca roba che si riferisce ad
Asterix. Alcuni maxi-poster mi è impossibile riuscire a metterli qui
dato che sono troppo grandi. Ho anche i libretti dei "Trasferix"
(se li trovo metto qui la copertina e magari qualche pagina interna di
quei "Trasferix", vedremo...) e poi il disegno originale in nero del
poster per il Giornalino (che poi è stato colorato su mie indicazioni).
Aggiungo
in un secondo momento alcune immagini che mi ha gentilmente inviato
l'amico Contix. Si tratta di pubblicità - a fumetti - della campagna
pubblicitaria di "Ergo Spalma". Se non erro, queste immagini erano state
stampate sul Corriere dei piccoli (oppure del Giornalino), almeno così
mi è sembrato di capire, comunque in quel periodo quelle pubblicità
erano pubblicate su tutti i periodici italiani per ragazzi ed anche per
adulti.
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (120)
Ogni
disegnatore ha una sua tecnica nel realizzare le tavole a fumetti.
Intanto diciamo che normalmente quasi tutti realizzano le tavole in un
formato superiore a quello in cui verranno poi stampate. Con i formati
più grandi è più facile curare i vari particolari ed il segno, una volta
ridotto, risulta migliore. Ho visto delle tavole originali di
disegnatori americani che sono molto più grandi di quelle che si
realizzano in Italia. Un po' perchè c'è sempre stata l'abitudine a
vedere i loro disegni in grande, ma soprattutto perchè molte tavole sono
effettuate per gli inserti domenicali a fumetti dei vari quotidiani.
Molti quotidiani infatti realizzano gli inserti nello stesso formato del
quotidiano, solo che gli inserti sono tutti a colori. Alcuni quotidiani
invece hanno adottato un formato un po' più piccolo, ma i disegnatori,
per la maggior parte, realizza comunque le tavole in formati molto
grandi. Come dicevo, in Italia si usa realizzare le tavole in formati
molto più piccoli, sempre più grandi della misura nella quale verranno
stampati i disegni, ma molti disegnatori fanno le loro tavole
addirittura quasi come il formato di stampa. Noi disegnatori del famoso e
mitico "Vittorioso" eseguivamo quasi tutti dei formati giganteschi. Ma ho visto grandi formati anche per alcuni disegnatori del Corriere dei piccoli. Ma quando dico "grandi", non si tratta comunque dei mastodontici formati degli americani (erano veramente grandi le tavole del famoso Prince Valiant, dell'antico Krazy Kat
e moltissimi altri. Anche le famose strip dei quotidiane vengono
realizzate molto grandi (io ho in studio alcuni disegni originali di
strips pubblicate su quotidiani americani e devo dire che sono di misura
molto grande. Ma negli ultimi tempi siamo stati tutti obbligati ad
usare dei formati abbastanza piccoli per motivi tecnici: un formato che
non deve superare l'A3, che è il formato massimo per gli scanner in
circolazione. Di conseguenza chi, come me, era abituato a disegnare i
fumetti in formati grandi, è stato costretto a ridurre di molto le
misure delle tavole. Io faccio abbastanza fatica a disegnare nel formato
A3 perchè per i miei gusti è troppo piccolo; è anche un motivo di
vista: in formati piccoli faccio molta fatica a vedere bene i
particolari e di conseguenza termino poi i disegni con il computer...
Ecco qui sotto un piccolo elenco di alcuni disegnatori:
Jacovitti
molti anni fa disegnava per la maggior parte dei casi nello stesso
formato di stampa, ma poi... calando la vista, ha aumentato man mano il
formato delle sue tavole fino ad arrivare a formati enormi. Negli ultimi
anni avevano costretto anche lui e rimanere dentro il formato A3 e lui
faceva molta fatica e realizzava le tavole in due parti: una sopra ed
una sotto. Ma, come dicevo, quando disegnava in misura piccola, i suoi
disegni erano veramente una cosa incredibile: le sue tavole erano sempre
strapiene di particolari e vederli così in un formato molto piccolo ci
si meravigliava sul come avesse fatto. Lui mi diceva che, grazie alla
sua buona vista, ci si trovava meglio ed era stupito nel vedere il
formato delle mie tavole... Jacovitti usava poca matita: faceva solo
degli schizzi preparatori e basta. Usava dei pennini piccoli, carta
fabriano cotone 100% e, dato che a volte uscivano dei pelucchi della
carta, faceva la punta al pennino facendo una montagna di circoletti
tutto intorno alle tavole, circoletti che poi tagliava e le tavole che
consegnava avevano quasi tutte il bordo arrotondato: molti pensavano
fosse un suo capriccio, invece era una esigenza. Lo studio di Jacovitti
era scarno: c'era una vetrina con una collezione di armi (autentiche) e
poco altro. Aveva un piccolo tavolo, quel tanto che gli bastava per
tenerci sopra una tavola e l'inchiostro di china ed un pennino. In un
angolo c'era una piccola gomma: aveva poco da cancellare una volta
terminato il disegno...
Landolfi
disegnava anche lui le tavole divise a metà perchè le disegnava in
grande ed era scomodo tenere le tavole intere sul tavolo di lavoro,
quindi le divideva in due parti e poi in fase di stampa venivano unite.
Disegnava con molta accuratezza le vignette: nel disegnare le persone (o
gli animali) studiava prima anche i muscoli e poi ci metteva sopra i
vestiti, il tratto lo disegnava a matita con due linee che poi riempiva
con il pennellino: con questo sistema dava l'idea che avesse usato dei
pennelli molto grossi, invece usava solo dei pennelli molto piccoli.
Successivamente poi decise di gettare via i pennelli e si mise a
disegnare in nero con dei "rapidograph", degli aggeggi che servivano
soprattutto ai geometri. Con questi pennini ha realizzato delle tavole
molto curate e molto ombreggiate, soprattutto per le storie che aveva
realizzato per il Giornalino. Il suo studio
praticamente non esisteva: disegnava in salotto (anche perchè così
poteva vedere la televisione mentre disegnava...
Giovannini
era molto preciso, il suo studio era perfetto ordinatissimo; disegnava a
matita con molta precisione e poi ripassava i disegni con il pennello
ed a volte usava anche il pennino. Il suo studio era un capolavoro di
semplicità ed eleganza. Niente disegni appesi alle pareti, ma solo una
bella libreria con dei libri che gli servivano per la documentazione,
anche se poi usava molto di rado quei libri perchè aveva una memoria
incredibile e riusciva a disegnare a memoria delle divise curando anche i
particolari.
Caprioli
era diventato schiavo dei suoi famosi puntini ed era riuscito a farli
ormai automaticcmente ed era velocissimo nel fare quei numerosi puntini.
Usava solo dei pennini di una grandezza abbastanza piccola. Le sue
tavole solitamente non erano molto grandi e, nel vederle, si osservavano
come se si trattasse di quadri tanto erano precise. Sinceramente
non so com'era il suo studio: avevo tentato più volte di fare in modo
che mi invitasse a visitarlo, ma ogni volta cercava qualche scusa. Non
ho mai saputo se era per timidezza oppure perchè era un introverso e non
aveva piacere che gli altri vedessero dove disegnava.
Bottaro:
si dice che usasse preparare bene l'inchiostro per fare in modo che il
tratto risultasse perfettamente nero. Forse sono in tanti che non sanno
che ci sono molti disegnatori, specialmente di genere veristico, che
usano l'inchiostro di china allungato con acqua distillata per fare in
modo che il pennello scorresse meglio, poi in fase di stampa quelle
tavole che risultavano quasi grigie venivano stampate in nero.
Uno di questi era Renato Polese.
Aveva (ed ha) una mano fenomenale riuscendo ad ottenere degli effetti
di ombre e luci usando solo pochi tratti di nero, ma ben dati. Polese
aveva sempre usato il pennello, ma ogni tanto eseguiva dei ritocchi con
il pennino. Polese, al contrario della maggior parte degli altri
disegnatori, non abitava a Roma, ma sul litorale romano, ad una ventina
di chilometri di distanza. Andava quasi sempre in giro in moto ed una
volta si è trovato davanti un grosso maialeche non aveva visto prima e
ci è andato addosso. Risultato: è stato con una gamba ingessata per
diverso tempo. Quando aveva colpito il maiale, questi era morto ed il
proprietario pretendeva che lui gli pagasse l'animale. Ci fu una disputa
che durò molto tempo e mi sembra che alla fine Polese si mise d'accordo
regalando al contadino dei suoi disegni originali. Purtroppo non ho mai
avuto occasione di recarmi presso la sua abitazione e vedere come e
dove lavorava.
Anche Sorgini
(che era stato allievo di Polese) usava quella tecnica, cioè
dell'inchiostro di china diluito, ma lui lo diluiva un pochino meno. Gli
originali non erano molto belli: bisognava immaginare come risultavano
poi stampati. Ma, al contrario di Polese, Sorgini usava dei pennelli un
po' più piccoli. Per un certo periodo realizzarono assieme dei fumetti
firmandosi Pogini. Molti lettori scrivevano al giornale
per chiedere chi fosse quel disegatore con quel nome strano... Anche
per quanto riguarda Sorgini, non ho mai visto il suo studio, ma immagino
che fosse molto ordinato: era un tipo molto preciso.
Io
avevo avuto varie fasi: all'inizio usavo il pennello (ma di misura
abbastanza grande usando solo la punta), poi sono passato ai pennini,
perfino pennini a punta quadra, poi avevo usato le penne d'oca, come ai
tempi di Leonardo da Vinci...
Con la penna d'oca occorreva fare spesso la punta tagliendone dei
pezzettini. consumavo molte penne d'oca. poi ho scoperto dei pennini
tubolari che contenevano inchiostro da soli e non occorreva intingere
nell'inchiostro in continuazione. Ma un giorno ebbi un'idea: inserire
questi pennini tubolari nei portamine. In questo modo non ero costretto
ad usare dei legnetti molto sottili e leggeri, troppo leggeri che
vendevano nei negozi. Quindi, quando sono usciti i pennarelli, ne ho
provati di tutti i tipi. con i pennarelli ci disegnavo anche i disegni
animati ed anche oggi uso i pennarelli: ne uso di varie marche e di
varie misure. Quanto al mio studio è abbastanza grande ed abbastanza...
disordinato... Cioè è un ordine nel quale mi ci trovo solo io. Ogni
tanto "tento" di mettere in ordine lo studio, ma... poco tempo
dopo ritorna il disordine nel quale, sinceramente, io mi ci trovo
meglio. Il troppo ordine mi "raffredda" le idee: mi viene voglia di disegnare molto più freddo e poi faccio più fatica a disegnare, mentre nel mio "disordine ordinato"
tutto nello studio diventa molto più caldo. Chi viene a trovarmi spesso
si diverte a cercare di rintracciare delle cose che a prima vista non
si notano: occorre scoprirle, come ad esempio le mie collezioni di banconote fasulle (non false, ma di formati o scritte diverse), di sottobicchieri per la birra (da tutto il mondo), di accendini curiosi e divertenti.
Molti amici mi aiutano ad arricchiere queste mie collezioni. Solo
che... più vado avanti e più mi accorgo che mi manca lo spazio per dove
sistemarle...
Perogatt
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (119)
Tutti di certo sanno che Jacovitti aveva realizzato per molti anni il mitico "Diario Vitt", ma penso siano in pochissimi a sapere che per un anno, per il 1954/1955,
lo avevo illustrato io. Non ho mai saputo come mai quell'anno lo
avevano fatto fare a me e non a Jacovitti, ma io accettai con entusiasmo
anche perchè sapevo che il "Diario Vitt" era molto letto. Però mi ero subito posto il problema di come disegnarlo: non potevo di certo farlo alla maniera di Jacovitti
per evitare dei confronti (io avrei perso comunque...), quindi decisi
di cambiare completamente stile e modo di realizzare le vignette
interne. Ma per la copertina la studiai in modo che non fosse "pazzoide"
come quelle che faceva Jacovitti, ma tenermi un po' più sul semi-serio.
Metto qui accanto la copertina per poterla osservare. Lo so, guardato
oggi il disegno non è poi tanto bello, ma allora era molto piaciuto al
redattore capo e questo a me bastava. Anche come vendite del Diario,
quell'anno non ci furono cali nelle vendite, quindi potevo ritenermi
soddisfatto. Un giorno che avevo incontrato Jacovitti gli chiesi scusa
per il Dairio Vitt realizzato da me: me lo avevano chiesto e mi avevano
assicurato che Jacovitti ne era al corrente, e lui mi confermò che non
dovevo temere, anzi mi fece le sue congratulazioni per come lo avevo
realizzato, cioè non ero stato tentato di farlo "alla Jacovitti"...
Comunque la copertina gli era piaciuta. A me, una volta stampata
piaceva un po' meno, ma mi limitavo a sorridere. Sapevo che Jacovitti
non era mai stato falso, con me poi aveva sempre detto la verità, quindi
gli avevo creduto. Come si può vedere dall'immagine che metto qui
accanto, si vede un ragazzo, visto di spalle, che apre la finestra ed
osserva i suoi compagni fuori che stanno recandosi a scuola; non sapevo
neanche io se quel ragazzo alla finestra fosse rimasto in casa magari
perchè quel giorno aveva deciso di "saltare" la scuola, oppure perchè
magari stava poco bene, oppure semplicemente (come del resto avevo
intenzione io) che si stava preparando anche lui a recarsi a scuola.
Ognuno era libero di dare una sua interpretazione. Ma poco più di un
anno dopo (28 marzo 1957), uscì, come allegato al quotidiano "Il Giorno", "il Giorno dei Ragazzi" che ebbe un successo incredibile. All'inizio aveva un formato all'incirca come "Il Vittorioso", ma poi diventò molto grande, come quello del quotidiano. Jacovitti aveva iniziato subito a collaborare a questo settimanale (creando anche il famosissimo "Cocco Bill") ed erano diventate famose le sue enormi "panoramiche", cioè delle grandi tavole con dentro una miriade di persone con moltissime battute, ovviamente tutte "pazzoidi"... Ma quando uscì il primo numero notai subito che il "logo" del "Giorno dei Ragazzi"
era spaventosamente uguale al disegno che io avevo fatto per il Diario
Vitt. Non seppi mai se quello fosse stato un caso, oppure... se qualcuno
si era ispirato vergognosamente alla mia copertina. Avevo provato a
chiedere in giro, ma nessuno seppe mai dirmi qualcosa in merito, ma
moltissima gente si era accorta della somiglianza, tanto che erano in
molti quelli che pensavano fossi stato io a realizzare il "logo" del "Giorno dei Ragazzi"!
Feci molta fatica a spiegare che io non c'entravo per niente, anzi
avevo chiesto alla redazione di quel giornale se era possibile
collaborare, ma mi avevano risposto che lo spazio era tutto occupato da
Jacovitti, quindi non c'era nessuna possibilità di entrare nel gruppo
dei collaboratori... Peccato, perchè almeno in quel modo avrei potuto far finta di aver preparato io il logo della testata del "Giorno dei Ragazzi".... Comunque metto qui accanto anche questo "logo" più una pagina del settimanale nel periodo quando era di formato normale e non ancora gigantesco.
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (118)
Mi
accorgo che avrei ancora tantissimi aneddoti riguardanti la seconda
guerra mondiale. Ero molto indeciso se metterli o no, ma ho ricevuto
diverse e-mail da amici che mi invitano a raccontare avvenimenti
accaduti durante questa stramaledetta guerra ed allora mi sono deciso,
sperando che possano interessare, quindi ne metto qui alcuni. Avevo
già detto in un'altra puntata che, quando l'Italia si trovava in una
situazione balorda e cioè i tedeschi scappavano mentre gli americani
avanzavano. I fascisti ci avevano avvertito che nei paesi dove erano
arrivati gli americani e la gente aveva fatto festa all'arrivo degli
americani, molte volte era successo che poi i soldati tedeschi erano
riusciti a riprendersi alcune zone perse e si sono vendicati con la
popolazione che aveva festeggiato l'arrivo degli americani. Così noi da
una parte non vedevamo l'ora che arrivassero gli americani e dall'altra
temevamo che si verificasse quanto ci era stato detto. C'erano diversi
fascisti che ci avevano anche detto di stare attenti perchè assieme ai
soldati americani c'erano anche i "negri": dei cannibali con la sveglia
al collo che mangiavano la gente! Sapevamo che erano tutte invenzioni,
però un po' di paura erano riusciti a mettercela. Comunque
i soldati tedeschi in fuga si comporrtavano in maniera molto
particolare: alcuni scappavano letteralmente con paura, un soldato
tedesco molto giovane si era rivolta a mia madre e piangendo le disse
che lei le ricordava sua mamma e lui aveva paura, molta paura e si era
messo a piangere. Mia madre aveva cercato di consolarlo, ma non sapeva
proprio che cos'altro dirgli. Alcuni soldati tedeschi ci dicevano che se
ne andavano ma di stare in guardia che sarebbero tornati perchè avevano
saputo che i loro capi stavano costruendo una bomba che avrebbe
spazzato via un'area di almeno 200 chilometri" Noi pensavamo che si
trattava di propaganda "stupida", inventata solo per far stare
tranquilli i soldati, invece poi abbiamo saputo che la cosa era vera:
effettivamente in Germania i tedeschi erano a buon punto con la
costruzione della bomba atomica... Ma in quei momenti noi pensavamo che
la propaganda aveva convinto i soldati tedeschi che stavano per vincere
la guerra! Comunque i tedeschi, mentre scappavano, si portavano dietro
il bestiame ed un giorno vennero nella fattoria dove mi trovavo io. Lì
c'era un contadino che si era completamente fasciato una gamba e
fingeva di essere zoppo. Gli altri erano scappati. I miei genitori
proprio quel giorno erano andati in città per cercare di rimediare
qualche cosa da mangiare. Quindi i tedeschi, vedendo che c'ero solo io,
un ragazzo, mi obbligarono a tenere due mucche per andare con loro che
si stavano portando via le mucche. Io avevo cercato in tutti i modi di
far capire loro che io non ero un contadino e che non avevo la minima
idea su come si portavano le mucche (avevo studiato il tedesco per due
anni e qualche frase ero capace di dirla). Infatti le mucche non mi
obbedivano ed andavano a finire nei fossi. I soldati tedeschi se la
prendevano con me e mi obbligavano a stare più attento. Ma non avevano
creduto nemmeno ad una parola di quento avevo detto loro.
Arrivati presso la fattoria vicina (lontana circa un paio di
chilometri), si fermarono per prendere da quella fattoria altre mucche
ed avevano convinto, con il mitra puntato, un contadino a guidare le
mucche. Nel frattempo i tedeschi non guardavano me ed io approfittai per
legare le corde delle mucche ad un albero e scappare di nascosto in
mezzo ai campi. Solo che quei campi erano taglientissimi: era stato
tagliato il grano da poco e si sa che le piante del grano, una volta
tagliate, diventano taglienti. Io non ci facevo nemmeno caso. Sentivo
molto dolore ai piedi e alle gambe ma correvo come un pazzo fino a
quando arrivai alla casa dei contadini da dove ero partito. I piedi mi
sanguinavano, ma ero contento di avercela fatta a scappare. Sono poi
trascorsi diversi mesi prima che si rimarginassero le ferite ai piedi
anche perchè lì non avevamo medicinali di nessun tipo. In seguito, poi,
per diversi anni soffrii molto con i piedi che mi facevano sempre male e
anche oggi mi capita a volte di sentire dolore ai piedi. Un'altra volta
i tedeschi giravano per le cascine in cerca di persone da usare come
schiavi (ho saputo poi che le persone che avevano preso, poi le avevano
portate in Germania) ed io avevo appena fatto in tempo a nascondermi
sotto un letto, accovacciato e stringendomi il più possibile contro il
muro, specialmente quando sentii arrivare i tedeschi che infilavano il
mitra sotto il letto per sentire se c'era qualcuno, ma io mi
assotigliavo sempre di più in modo che si convincessero che lì non c'era
nessuno. Quando finalmente se ne furono andati, io diedi un fortissimo
respiro: ero stato parecchio tempo senza respirare pur di non farmi
notare, altrimenti non so che cosa sarebbe successo! Una volta vidi un
soldato tedesco che era stato messo proprio presso la nostra cascina
(all'esterno) per fare la guardia tutta la notte. Aveva una faccia
impaurita ed era stanco, stanchissimo. Inoltre era anche lui molto
giovane. Allora
decisi di prendere una balla di fieno e portargliela per prepararsi una
specie di giaciglio. Lui mi ringraziò moltissimo e cerchò in tutti i
modi di dirmelo in italiano. Mi fece molta pena. In fondo, i tedeschi
non erano tutti "cattivi": ce n'erano alcuni che si comportavano molto
male, ma moltissimi erano solo delle vittime. Una volta arrivati gli
americani (ho raccontato di questo in un'altra puntata) io poco dopo
vidi dietro un pagliaio un soldato tedesco morto. Era proprio quello
che, giovanissimo, si era messo a piangere con mia madre. Mi fece tanta
pena: che colpa ne aveva lui se dei pazzi criminali avevano iniziato
quella sporca guerra! Penso di essere stato l'unico a fermarmi a dire
una preghiera per lui. Ormai la gente non voleva più saperne dei
tedeschi, neanche se erano morti. Questa è la guerra. E quando sento
gente che vorrebbe che ci fosse un'altra guerra, io mi sento male al
solo pensarci. La guerra non è quella dei film: la guerra è una cosa
seria, specialmente se si è giovani, molto giovani.
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La "fabbrica" delle idee
Molte volte mi capita che qualcuno mi chieda: "Ma come ti vengono le idee?". Non è facile dare delle risposte, ma solitamente rispondo in maniera
abbastanza semplice. Almeno lo credo... Comunque ho pensato di mettere
in questa puntata le risposte alla domanda che sembra semplice, ma non
lo è. Bene, le idee non vengono così, per caso. A volte può capitare
che all'improvviso, non si sa come mai, venga in mente una idea, magari
un po' bislacca, ma io sono abituato a non buttare via niente: mi
scrivo tutto, anche delle idee che all'inizio potrebbe sembrare che non
significhino niente, ma poi... poi scopro che invece l'idea era buona,
andava solo studiata un po' meglio. Ma andiamo per ordine. Non è
esatto parlare di creazione delle idee in linea generale. A volte
occorrono idee per delle vignette, battute con le parole o vignette "mute",
cioè senza parole: per me personalmente è una delle cose che mi fa
faticare di più, mentre altri miei colleghi le preferiscono, come ad
esempio il grande Cattoni e l'amico-collega Athos;
a quest'ultimo hanno chiesto tempo fa di fare dei fumetti e lui mi ha
detto che per fare dei fumetti, cioè sequenze con dei dialoghi, lui fa
molta più fatica delle tavole senza fumetti. Molto spesso a noi umoristi ci chiedono delle "vignette a tema",
cioè ci danno un tema (per la maggior parte delle volte di argomenti
strani, difficili...) che servono poi per delle manifestazioni con
mostre di disegni originali con vignette tutte allo stesso tema. La
maggior parte si tratta di una raccolta di disegni senza altro scopo
che quello di divertire, altre volte ci sono dei premi ed allora (almeno
per me) si blocca il "meccanismo" che fa
scattare la molla dell'idea... Di conseguenza si fanno vari tentativi
ed alla fine occorre fare una scelta fra tutti gli schizzi eseguiti.
Non è detto che quello che si è scelto sarà poi quello che piacerà alla
giuria, ma in quel momento io me ne frego e penso a me stesso:
l'importante è che piaccia a me. Ma come si fa a creare una battuta?
Devo dire che bisogna essere dei bravi osservatori: osservare molto la
gente, osservare la Tv, leggere molti giornali e piano piano scatta la
molla e l'idea zampilla forte e la maggior parte delle volte è quella
buona. Altrimenti, se non mi viene in mente nessuna idea buona,
solitamente rinuncio: preferisco non partecipare che consegnare delle
battute fiacche. Qualche anno fa (1991) mi avevano invitato a
realizzare delle vignette sul tema "il parto" che servivano per un congresso sulla medicina perinatale.
Ho preparato una serie di vignette e le ho spedite. Beh, qualche tempo
dopo mi è arrivato uno speciale e grande diploma dove risulta che mi
hanno nominato "Maestro in Ginecologia e Ostetricia",
il tutto firmato dai medici partecipanti! Solitamente non do molta
importanza ai premi sotto forma di pergamena, ma questo premio, stampato
su pergamena e scritto a mano, l'ho incorniciato: mi ha fatto molto
piacere. Il fatto è che, mi hanno spiegato, che nelle vignette io avevo
"centrato" esattamente l'argomento che poi sono diventate
anche una parte delle conferenze dato che io avevo sollevato dei
consigli e dei suggerimenti per quali sono le condizioni migliori per
partorire. Non era un tema facile da sviluppare, ma... avendo avuto ben
quattro figli evidentemente ne sapevo qualcosa... Quindi da quel
momento posso fregiarmi del titolo di Maestro in Ginecologia e
Ostetricia! Quando abitavo a Roma c'era un periodo in cui collaboravo
ad un giornale che mi pubblicava da una a quattro o cinque vignette
alla settimana. Per fare questo però io dovevo realizzare almeno circa
200 schizzi con le idee base e portarle al direttore che scartava, con
una velocità incredibile, ed alla fine saltavano fuori pochissime idee
che aveva accettato. A quel punto si trattava di un lavoro puramente
esecutivo e mettere su cartoncino ed inchiostro di china le idee-base.
Da molto tempo mi sono abituato ad andare in giro e prendere appunti da
discorsi cha fa la gente e di conaseguenza, a quei tempi, andavo molto
in giro in tram ed ascoltavo i discorsi: molti si prestavano a
trasformarli in battute. Mi ero anche abituato a mettere una agendina
sul comodino: avevo scoperto che molte volte di notte mi venivano in
mente delle idee, così le scrivevo sul libriccino e la mattina dopo
decidevo se valeva la pena di portarle avanti oppure cancellarle. Ma la
maggior parte delle volte ho scoperto che si trattava di idee buone,
andavano solo sistemate, "limate" e la battuta era bella e pronta! Ma lo
stesso discorso vale anche per le idee dei soggetti di fumetti. Anche questi non nascono per caso... Innanzitutto occorre aver "costruito"
bene un personaggio (con la sua psicologia, i suoi difetti o tic,
ecc.) e provare ad immaginarlo in varie situazioni. Ad esempio, se il
personaggio in questione va al lago cosa può succedergli? Se va in giro
per la città cosa accadrà? Si buttano giù le prime idee (solitamente
poi gettate via) e ci si lavora sopra fin quando la storia prende
forma. Ma non sempre si tratta di idee e basta, occorre anche una buona
dose di "mestiere": ci sono delle situazioni che solitamente "fanno ridere",
altre invece servono per creare un alone di mistero, e così via. Dopo
si scrive la sceneggiatura dove si sviluppano i dialoghi e si aggiungono
delle gag per far ridere, ma al momento giusto! Non sempre mettere
troppe gag di seguito è buona cosa: meglio dosarle nella giusta
maniera. Lo stesso vale anche per dei soggetti per storie veristiche.
Quando (per molti anni) facevo anche i fumetti di fantascienza con un
disegno veristico, mi leggevo molti libri di "Urania", andavo a vedere molti film fantascientifici. Questo mi serviva per "caricarmi"
per farmi entrare nel clima e anche in questo caso mi venivano dei
soggetti devo dire buoni. Ma non "copiati": dovevo entrare nel clima
giusto per poter farmi venire in mente delle idee da fantascienza. Mia
moglie, poi, agli inizi di Diabolik aveva scritto molti soggetti per le due sorelle Giussani,
idee che poi loro sceneggiavano e che io... disegnavo... Quando poi
devo pensare ad idee pubblicitarie solitamente non perdo molto tempo:
ho scoperto che "la prima idea" molto probabilmente è quella buona.
Così moltissimi slogan, molte frasi che poi la gente ripete in
continuazione io le avevo inventate lì per lì ed hanno funzionato.
Frasi tipo "Wilma, dammi la clava!" (con Fred Flintstone - per il "Neocid", un insetticida) oppure "Eh no, su De Rica non si può" (con Gatto Silvestro
per i prodotti di pomodoro in scatola), ecc. sono nate in pochissimi
minuti ed ai clienti erano (stranamente) piaciute ed alla gente pure...
Le vignette qui accanto erano servite per illustrare un articolo.
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