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Storie di Gatti, Tartarughe e Lumache
Quando abitavo a Roma io avevo un gatto bianco e nero (tanto per ricordarmi che... ehm... la Juventus
è sempre una squadra che preferisco) che era sempre con me, anche
perchè mia moglie ha sempre odiato i gatti e preferiva invece i cani.
Questo gatto, che non ricordo proprio se gli avevo dato o no un nome,
si accucciava spesso sul mio tavolo da lavoro ed a quell'epoca io usavo
molto l'inchiostro di china e pennello, quindi la boccetta era quasi
sempre aperta, eppure il gatto non ha mai rovesciato la boccetta; ma
non solo, camminava delicatamente attorno alle tavole come se volesse
stare attento a non sporcarle. Oppure aveva capito e ci stava attento
apposta? Non lo saprò mai. Si cercava uno spazio adeguato sulla mia
scrivania e si accucciava per farsi delle belle dormite. Mia figlia -
che allora era molto piccola - una volta era entrata di nascosto nello
studio ed aveva messo le mani nell'inchiostro di china e ci aveva
pasticciato su un disegno a colori che stavo facendo da diverso
tempo... Ma questo aneddoto mi ricordo di averlo già raccontato in
un'altra puntata quindi tronco qui.
Per
un lungo periodo, intorno agli anni '60/'70, abbiamo abitato (con una
seconda casa) in Liguria, a Pietra Ligure, non avevamo animali ma ci
pensò subito, fin dal primo giorno, a farci visita una gatta
rossiccia che ci "adottò'" come padroni, ma poi siamo diventati dei
padroni stagionali, nel senso che non sapevamo di chi fosse quella
gatta e quando ce ne andavamo lei non era per niente dispiaciuta, ma
all'anno successivo ci correva incontro come se fosse passato solo un
giorno. Uno strano comportamento da parte di questa gatta: non avevamo
mai avuto una grande confidenza ed adesso che ci penso, non le avevamo
nemmeno mai dato un nome, era semplicemente la gatta di Pietra Ligure.
Quando arrivavamo ci salutava con un debolissimo miagolio e quando ce
ne andavamo non si faceva nemmeno trovare: sembrava quasi che avesse
ascoltato i nostri discorsi ed aveva capito che eravamo in partenza. Ci
siamo chiesti più volte dove sarebbe andata quella gatta mentre noi
non c'eravamo, ma ogni volta la vedevamo ben nutrita: evidentemente
quando noi non 'eravamo aveva trovato altri "padroni stagionali"... In quel periodo noi abitavamo a Milano come casa principale e lì avevamo due tartarughe, Paolina e Ugo.
Paolina era piuttosto grossa mentre ugo era un tartarugo piuttosto
piccolo. Come abbiamo fatto a scoprire che Ugo fosse un maschio? Semplice,
era arrivato diversi mesi dopo Paolina che tenevamo sul terrazzo ed un
giorno è arrivata nostra figlia con una piccola tartaruga e pensammo
di vedere se i due andavano d'accordo e la nuova arrivata si mise
subito ad andare verso Paolina con la chiara intenzione di accoppiarsi:
cercava di intrappolarla verso un punto dove non poteva muoversi e le
saltava in groppa ma con una fatica incredibile e poi finalmente,
quando ci riusciva si sentivano dall'appartamento sotto i versi che
faceva. Ogni tanto poi Paolina faceva delle uova che io trovavo in giro
per il terrazzo, ma non sapevo cosa farne. Cercai di procurarmi della
sabbia e metterci dentro le uova, ma non successe mai niente:
evidentemente quella sabbia non andava bene oppure le tartarughe che
camminano non le mettono nella sabbia, fatto sta che per molto tempo
non ci furono dei tartarughini. Quando andavamo al mare d'estate,
lasciavamo al nostro portinaio l'incarico di dare da mangiare e bere
alle tartarughe, ma un anno pensai di portarcele dietro con noi. Quella
non fu una buona idea perchè noi avevamo il giardino diviso a metà da
una rete poiché al di là c'erano i nostri vicini che si lamentavano
spesso che le nostre tartarughe mangiavano la loro insalata dell'orto.
Allora dovetti preparare una specie di recinto apposito. Un giorno la
gatta scoperse le tartarughe e si meravigliò molto e si mise a studiarle
per bene. Erano animali che non aveva mai visto e non sapeva se poteva
fidarsi ad avvicinarsi oppure no, ma alla fine ci fu una specie di
patto fra questi animali: ognuno lasciava in pace gli altri e tutto
funzionava bene.
Ma a Pietra ligure non c'erano solo la gatta e le tartarughe, c'erano anche le lumache...
Da quelle parti sono un piatto prelibato ed anzi ogni anno c'è anche
una festa del paese dove se ne mangiano tante. Il problema nostro,
però, era che anche il nostro orto era pieno di lumache che mangiavano
molta verdura dell'orto, quindi mia moglie mi raccomandava di prenderle
ed ucciderle. Io mi diedi da fare e mi feci anche aiutare dai miei
figli, solo che non ne volevano sapere di ammazzare quelle simpatiche
bestiole... Allora inventai la "corsa delle lumache", ma non in piano,
in verticale! Infatti, dopo aver tracciato due sottili linee su una
parete esterna del giardino, ognuno si sceglieva la sua lumaca e le
posava sulla linea di partenza e, al via, si lasciavano le lumache che
si arrampicavano verso l'alto; non ho mai saputo se le lumache andavano
verso l'alto perchè tentavano di scappare da noi oppure avevano capito
le regole del gioco... Fatto sta che le lumache ce la mettevano tutta
e, dopo molto tempo, una raggiungeva la linea di arrivo. Ogni volta,
poi, aumentavamo di un po' l'altezza della linea di arrivo e le
lumache, piano piano riuscivano ad arrivarci. Ci divertivamo molto,
anzi erano anche arrivati degli amici dei miei figli per partecipare
alla gara, ma mia moglie non era soddisfatta: quelle lumache rimanevano
comunque nel nostro giardino e da qui si recavano poi immancabilmente
nell'orto. Allora trovai uno del posto che le raccoglieva per
prepararle per poi cucinarle. Così, con grande dispiacere dei miei
figli, finì la corsa delle lumache, ma ogni tanto, di nascosto, ne
trovavamo altre che usavamo per rifare la corsa... Ma per me, lo studio
del comportamento di quelle lumache, mi aveva dato una idea e mi misi a
disegnarle umanizzate ed anzi, quando un importante Editore, la "Sperling & Kupfer"
di Milano mi chiese di preparare un libro, pensai proprio alle lumache
e mi misi a disegnare una montagna di tavole fino a formare un intero
libro che consegnai e ne uscì il libro "Mondo Lumaca"
che ebbe un notevole successo di critica e di pubblico. Da allora,
quando posso, mi sfogo ad infilare le mie lumache dovunque, anche sulla
home-page del mio sito principale (www.perogatt.com).
Le uso anche come riempitivi e le inserisco spesso in molte tavole di
miei fumetti a partire dalle ultime tavole che avevo fatto per il Corriere dei Piccoli con Gianconiglio, fino all'Ispettore Perogatt.
Avviso:
grazie alla preziosa segnalazione di Contix, ho corretto almeno una
parte del testo dove avevo scritto "tartarughe" al posto di "lumache":
eh, la fretta... Comunque: grazie, Contix!
Perogatt
(98 Segue)
La passione per il teatro
Da
sempre mi è piaciuto il teatro sotto tutti i suoi aspetti. Mi è sempre
piaciuto andare spesso a teatro per vedere commedie e/o drammi, ma
soprattutto "farlo", cioè realizzare commedie o drammi come attore, ma
anche come autore - a volte - ed anche come scenografo, truccatore,
cantante, fantasista, ed anche autore delle musiche. Insomma, dovunque
c'era il teatro io c'ero e mi ci divertivo un mondo. Eravamo un nutrito
gruppo di appassionati che ci riunivamo spesso per fare delle prove,
moltissime, per progettare nuovi spettacoli e soprattutto creare un
gruppo di comici per una speciale rivista teatrale. Allora molte
compagnie facevano spettacoli di rivista e la formula era quasi sempre
la stessa: un comico, una spalla, degli attori - solitamente
un po' mediocri - e soprattutto un bel gruppo di ballerine. Noi no.
Avevamo trovato una formula diversa per la quale non occorrevano le
ballerine. Questa nostra scelta ha ottenuto molti consensi ma anche
molti dissensi: il pubblico che solitamente frequentava gli spettacoli
di rivista erano abituati a vedere anche le ballerine ed a volte ci è
capitato che ci fischiassero o peggio che ci tirassero i sassi e noi
costretti a svignarcela di corsa... Ma nella maggior parte dei casi era
un successo perché la gente aveva trovato qualcosa di nuovo. Noi
eravamo una quarantina di persone e quando dovevamo eseguire degli
spettacoli in città varie, ci spostavamo con un autobus sul quale
caricavamo anche le scenografie, i costumi e tutto quanto era
necessario alla realizzazione degli spettacoli. Questo spettacolo che
avevamo chiamato "Zabajone", poi, noi lo rinnovavamo
quasi tutte le settimane e la gente tornava volentieri per seguire le
novità. Facevamo anche un po' di satira politica ed anche satira locale
e la cosa era molto gradita.
Mio fratello era il "capocomico",
cioè era lui che dirigeva il tutto e decideva quali gag eseguire e chi
doveva interpretarle. Con il fatto che era mio fratello, lui si
giustificava con me per il fatto che non mi sceglieva quasi mai
dicendomi che non voleva che gli altri pensassero che voleva favorire il
fratello. Ma intanto io dovevo arrangiarmi... Così inventai un
personaggio: il "disturbatore", cioè ogni tanto intervenivo appunto per disturbare la scenetta con idee folli, come ad esempio quella di travestirmi da Tarzan ed attraversare il palcoscenico appeso ad una specie di liana e facendo il classico grido di Tarzan...
Altre volte mi presentavo al centro del palcoscenico annunciando che
stavo per eseguire una imitazione, quella che facevo più di frequente
erra l'imitazione di una chitarra, precisamente di una "chitarra
scordata". C'è un sistema per imitare il suono della chitarra: con due
dita e premendole ai lati del naso, stringere e poi lasciare
improvvisamente emettendo un suono; spesso ne usciva un suono che
somigliava in qualche modo quello della chitarra. Io mi soffermavo
chiedendo il massimo silenzio e, dopo vari tentativi (che facevo
apposta) alla fine dicevo che ero spiacente, ma non potevo eseguire il
suono della chitarra scordata perché appunto l'avevo "scordata"
a casa... Oppure, avevo inventato una marcetta ed ero d'accordo con
l'orchestra (formata da tre elementi: piano, sax, basso) che quando mi
vedevano entrare vestito in un certo modo, dovevano iniziare a suonare
una marcetta che io avevo inventato appositamente. Attraversavo il
palcoscenico e me ne andavo dall'altra parte. Mio fratello era furioso,
anche perché il più delle volte, in quel modo, gli rovinavo una
scenetta, ma alla gente piacevano i miei interventi e dovette
accettarli.
Ma
nello spettacolo a volte si studiavano idee un po' strane, tipo quella
che mio fratello usciva dal sipario e si rivolgeva al pubblico
chiedendo scusa, ma quella sera non si sarebbe potuto fare lo
spettacolo perché gli attori non erano ancora arrivati. La gente
cominciava a sbuffare quando dal fondo della platea arrivarono due
portapacchi che dicevano che dovevano consegnare una cassa. Mio
fratello diceva che ne avrebbe parlato dopo, ma quelli insistevano:
avevano fretta di effettuare la consegna perché poi avevano altri
incarichi. Mio fratello allora li fece posare la cassa sul palco e,
dopo aver firmato la ricevuta chiese scusa agli spettatori, ma disse
che era curioso e voleva vedere qual era il suo contenuto. L'aprì e
subito uscì un attore, poi un altro e un altro ancora fino a quando
tutti gli attori della compagnia erano usciti tutti. Il trucchetto
consisteva semplicemente nel fatto che la cassa non aveva il fondo ed
era stata posta proprio sopra una botola dalla quale uscivano i vari
attori. Era solo uno scherzetto, ma la gente si era divertita molto.
Un'altra volta avemmo l'idea di far litigare delle persone del
pubblico, ma erano degli attori che si erano mescolati di nascosto, ma
non avevamo previsto che in sala quella sera c'erano anche due carabinieri
i quali intervenirono subito per sedare la lite... Mio fratello
approfittò per chiedere ai due carabinieri per portare i "colpevoli"
sul palcoscenico. Così ci fu un "fuori progaamma" non previsto ma che
ebbe comunque molto successo. Tentammo altre volte di rifare quel numero
ma con due finti carabinieri, cioè due attori vestiti da carabinieri,
ma la cosa era diversa: non riuscivano ad essere naturali come i
carabinieri veri... Un'altra volta ci mettemmo d'accordo con una
ragazza che ogni volta che entrava in scena mio fratello, lei sveniva
dicendo "Cielo!" Dopo quella volta lei la chiamammo tutti "Cielo" e a tutt'oggi non ricordo il suo nome vero...
Ma,
come ho detto, facevo anche lo scenografo e mi divertivo molto a
studiare e realizzare grandi scenografie - tutte da solo - per poi
avere anche molti consensi da parte del pubblico e della stampa. Facevo
scenografie per ogni genere di spettacolo e si era sparsa la voce e mi
chiamavano i vari teatri per realizzarne di nuovo. Ogni volta dovevo
documentarmi per sapere il genere di spettacolo e comportarmi di
conseguenza. A volte dovevo anche fare il truccatore ed avevo con me
tutto il necessario e mi avevano chiamato diversi teatri con spettacoli
realizzati da solo ragazze. Ovviamente la cosa mi piaceva anche un po'
di più... Una volta mi ero confidato con un mio amico e questi aveva
insistito per partecipare anche lui ed alla fine l'ho accontentato. L'ho
presentato come mio aiutante. Gli avevo dato alcune lezioni, ma lui...
si interessava molto di più alle ragazze che al trucco e spesso poi io
dovevo rimediare a dei trucchi orribili che il mio amico aveva fatto.
La sala trucco, spesso era anche la stessa stanza dove le ragazze si
cambiavano d'abito e spesso capitava che fossero con la sola biancheria
intima. Beh, eseguire il trucco in quelle condizioni non era tanto
facile, ma dovevo riuscire a far credere che la cosa non mi colpiva.
Una volta era entrato nella stanza un giovane e le ragazze si misero a
strillare "C'è un uomo!" E lui chiedeva loro come mai ci fossi io lì
dentro, ma loro rispondevano che io ero un discorso a parte, io ero Carlo e basta. La cosa non mi fece molto piacere, ma tirai avanti ugualmente.
Ho
anche detto che a volte facevo anche il musicista. Ebbene io non
conosco la musica, ma creavo dei motivetti con il piano, un musicista
pensava a scrivere con il rigo musicale e le varie note quanto io
suonavo, così ogni suonatore aveva il suo spartito.
Molti
poi ci chiedevano quanto ci guadagnavamo a fare quegli spettacoli.
Ebbene un piccolissimo guadagno c'era, solo che... lo destinavamo
sempre nell'organizzare delle colossali cene per tutti noi... Beh, in
fondo ce le eravamo meritate, no?
Perogatt
(97 Segue)
IL CdP SI FAceva COSI'
Grazie all'intervento dell'amico Contix, stavolta possiamo vedere come si faceva il Corriere dei Piccoli
nel 1978. Cioè, in un numero appunto del 1978 la direttrice di allora
Josè Rinaldi Pellegrini aveva presentato ai lettori come avveniva la
lavorazione all'interno del Corriere dei Piccoli per arrivare poi alle
copie finite, stampate. Insomma una spiegazione tecnica. A mio avviso
un po' troppo tecnica e direi piuttosto fredda per far capire che cose
c'era dietro a questo glorioso giornale. Qui ci sono alcune pagine
(inviate generosamente da Contix) dove si illustrano appunto le varie
fasi della lavorazione.
Sinceramente
non so se si capisca abbastanza: la qualità di queste immagini è un
pochino scarsa dato che sono tratte da una copia un po'... vecchiotta,
ma l'importante è vedere come veniva trattato l'argomento. Da notare
che le fasi di lavorazione di allora sono completamente diverse da
quelle di oggi, per cui questo è anche un documento del lavoro che si
faceva allora, prima che nascessero i computer... Il titolo era "IL CdP SI FA COSI'". Ma non mi risulta che poco dopo sia uscito un altro articolo intitolato "IL CdP SI SFASCIA COSI'..."
Infatti poco tempo dopo il mitico Corriere dei Piccoli chiudeva i
battenti. Non sto qui a spiegare le varie fasi della sua fine, certo è
che questa direttrice, a mio avviso, ha contribuito ad affossare questo
glorioso settimanale. Noi tutti, che siamo cresciuti a pane e Corriere
dei Piccoli, seguitiamo a sentirne la mancanza. Siamo un nutrito gruppo
che si batte per il suo ritorno, ma più il tempo passa più le speranze
diminuiscono. Però noi seguitiamo comunque a batterci: chi lo sa se un
giorno o l'altro non si possa ritrovare in edicola il nuovo Corriere dei Piccoli?
Perogatt
(96 Segue)
Altri ricordi sul mio cane Dago
Quando abitavamo a Milano, io e mia moglie portavamo spesso a passeggio il nostro cane Dago (pastore tedesco di taglia gigante - del quale ho parlato anche in altre puntate di questo PeroBlog)
anche se non ne avrebbe avuto tanto bisogno dato che avevamo un grande
terrazzo sopra la casa all'ultimo piano del nostro appartamento e lì
ci si trovava molto bene, ma preferivamo portarlo fuori ogni tanto
anche per farlo correre un po' e fargli fare amicizia con gli altri
cani. Portavamo spesso il nostro cane in un prato vicino alla nostra
casa, un grande prato incolto con l'erba sempre abbastanza alta dove
poteva fare delle grandi corse e salti (salti sempre più alti, fino a
raggiungere delle altezze notevoli); io lo avevo abituato fin da piccolo
a lanciargli in aria dei ciuffi d'erba e lui saltava per riuscire a
prenderla, era un gioco che gli piaceva molto. Ma una volta saltò e
ricadde con una zampa sopra una bottiglia di vetro rotta che si trovava
proprio in mezzo all'erba: qualche deficiente evidentemente l'aveva
gettata lì, non pensando che quel prato era frequentato soprattutto da
cani. Così Dago perdeva molto sangue da una zampa. Io rimasi lì con
Dago dolorante (ed impaurito) aspettando mia moglie che era andata a
prendere l'auto. Poco dopo lo portammo in una specie di pronto soccorso per animali
(molto conosciuto a Milano), dove lo curarono e ci dissero che si era
fatto una brutta ferita, ma sulla zampa non era possibile mettere dei
punti poiché si sarebbero subito riaperti. Avremmo dovuto tenerlo
fasciato e pulito; medicarlo spesso, poi quando pioveva, gli avevamo
costruito una specie di "scarpa" di plastica per evitare che la ferita si bagnasse. Ma quell'accorgimento serviva a poco: spesso quella specie di "scarpa di plastica"
si apriva ed il cane posava la zampa nelle pozzanghere. Così avemmo
l'idea di mettergli una specie di fascia attorno al collo per fare in
modo che rimanesse sollevata dal terreno. All'inizio faceva fatica a
camminare in quel modo, ma poi ci fece l'abitudine. La gente che lo
vedeva, lo consolava e lui ascoltava con l'aria avvilita. Ma si vedeva
che tutte quelle attenzioni alla fine in fondo gli facevano piacere.
Questo è durato per parecchi giorni, ma poi alla fine vedemmo che la
ferita si stava rimarginando e dopo un po' potemmo togliergli la benda e
la fascia al collo. Dopo, quando incontravamo qualcuno, Dago tirava su
la zampa, come per far vedere che era stato male e si aspettava che lo
considerassero un po'...
Una
volta io non avevo potuto accompagnare mia moglie dato che dovevo
terminare un lavoro. Era sera e Dago correva come al solito, ma si
divertiva un po' meno poiché, dopo la volta della ferita alla zampa,
non gli tiravamo più l'erba in aria, un gioco che a lui piaceva molto e
che gli facevamo fare solo sul nostro terrazzo. Mia moglie lo lasciava
giocare da solo, quando ad un certo punto, ai bordi del prato
arrivarono un gruppo di giovani in moto; avevano un aspetto poco
raccomandabile e mia molgie era un po' preoccupata ed evidentemente
anche Dago aveva notato che quel gruppo aveva qualcosa di poco
raccomandabile. Da notare che Dago era un cane dall'aspetto molto
serio, ma era un vero giocherellone ed era veramente buonissimo; questo
non era solo merito tutto solo suo, ma quando era cucciolo io gli
avevo fatto una specie di "corso di addestramento" - seguendo
attentamente le istruzioni di un libro apposito - ed avevo fatto in
modo che fosse socievole, buono con la gente; a volte purtroppo si
sente di cani che si sono comportati male con i loro padroni,
specialmente se piccoli, ma occorre dire che molti padroni sono i veri
colpevoli: li allenano proprio per farli diventare cattivi e di
conseguenza quando purtroppo si comportano in maniera tragica, poi
abbattono il cane, io direi che invece dovrebbero farlo con i padroni
dato che la vera colpa per la stragrande maggioranza dei casi dipende
da loro per come si comporta il cane: è stato allevato proprio per
quello scopo! Mia moglie disse, quasi tra se e se "Dago, adesso che cosa facciamo?..."
Dago osservò meglio quei giovani che avevano cominciato ad avvicinarsi
a mia moglie e, contrariamente al suo solito, cominciò a digrignare in
denti verso la loro direzione. Quei giovani si fermarono, poi fecero
marcia indietro e se ne andarono via con le loro moto. Non lo sappiamo
con precisione, ma molto probabilmente quella volta Dago aveva salvato
mia moglie dall'attacco di teppisti. Un'altra volta invece mia moglie
teneva al guinzaglio il nostro cane e stava per attraversare la strada
sulle strisce pedonali, ma attendeva che non ci fossero auto e moto. Ad
un certo punto si fermarono due giovani in moto, si fermarono un
attimo vicino a mia moglie ed il cane e sembrava che volessero fare i
complimenti al cane, quando uno dei due afferrò con velocità e forza una
collana con un crocefisso che mia moglie teneva al collo e diedero un
forte strappo per portarglielo via. Quella collana aveva un fermo con
una sicura, quindi diedero uno strappo ancora più forte per spezzarla e
scapparono con la moto. Mia moglie era rimasta sconvolta e le
tremavano le gambe. Lì accanto c'era un benzinaio che aveva visto tutta
la scena ed accompagnò mia moglie per farla sedere presso la sua pompa
di benzina. Diede un po' d'acqua da bere a mia moglie. Poco dopo mia
moglie si era ripresa un po' e chiese al benzinaio se poteva
telefonarmi per avvertirmi del fatto. Così ricevetti una telefonata dal
benzinaio che mi avvertiva che mia moglie si trovava presso il suo
distributore e mi chiedeva di andare subito a riprenderla. Io corsi
come un pazzo perché non mi aveva detto praticamente nulla, solo che
dovevo fare presto. Arrivando vidi mia moglie che non ce la faceva
ancora a parlare bene, ma mi fece capire che cosa le era successo e
stava ancora tremando. Io attesi che si calmasse un po', quindi
riportai lei ed in cane a casa. Qui, una volta ripresa completamente,
mia moglie mi fece il racconto dettagliato, ma era ancora spaventata.
Intanto Dago stava accanto ad ascoltare ed aveva uno sguardo mogio,
come se si sentisse in colpa. Io cercai di tranquillizzare mia moglie
ed anche il cane: evidentemente erano rimasti scossi tutti e due da
quella avventura. Da quella volta, però, ogni volta che passava qualche
giovane in moto, Dago gli abbaiava. Non eravamo mai riusciti a
convincerlo che non tutti i motociclisti erano pericolosi...
Quando
poi ci siamo trasferiti in una casa con giardino abbastanza vicino a
Milano, ma per poco in provincia di Como, il nostro cane si era subito
impossessato del giardino: quello era ormai il suo regno. Lì poteva
correre a suo piacimento e fare la sua bella "collezione" di palloni e palle da tennis oltre che delle palle fatte apposta per i cani, ma faceva anche "collezione" di bastoni che noi gli tiravamo ma lui faceva finta di riportarci me poi se ne andava con la sua "preda" da aggiungere alla collezione.
A volte, temendo che qualcuno volesse portargli via i suoi bastoni, li
teneva tutti assieme in bocca, con una notevole fatica, ma stava
sicuro che non sarebbe stato... derubato del suo "capitale".
Nei giardini dei nostri vicini c'erano molte talpe che facevano delle
buche nel terreno poco piacevoli. Una volta avevano provato anche da
noi a fare delle buche, ma il cane le aspettava mentre uscivano allo
scoperto e le convinse... che quel posto non era adatto a loro: da quel
giorno non sono più venute le talpe, nemmeno quando - purtroppo - il
nostro cane non c'era più. Beh, sul cancello di casa avevamo messo il
classico cartello con "Attenti al cane", ma il nostro era un cane da guardia, ma da guardia alle talpe!...
Perogatt
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