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mercoledì, 31 maggio 2006
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (58)

Chi ha incastrato il Corriere Dei Piccoli? (c)

    PerogattEccoci alla terza puntata degli aneddoti riguardanti il Corriere dei Piccoli. Ma prima devo precisare - ancora una volta - che io qui non racconto la storia del Corriere dei Piccoli, ma la "mia" storia con il Corriere dei Piccoli", cioè racconto degli aneddoti di cose che mi sono accadute a proposito di questo mitico settimanale. Di conseguenza metto le mani avanti: può darsi che qualche data sia errata, qualche nome sbagliato, ma occorre tener presente che sto parlando di molti anni fa... quindi vado tutto a memoria e, avendo nel frattempo eseguito una miriade di lavori per molti giornali diversi, può darsi che qualcosa non la ricordi molto bene. Perciò invito tutti i "precisini" a non... bacchettarmi se per caso trovassero delle cose non proprio precise al 100%, si tratta di aneddoti e basta. Chiaro? :)


CaroselloTra le tante vicissitudini, era arrivato il periodo di "Carosello" ed io avevo partecipato in maniera massiccia a questa trasmissione pubblicitaria ma dove all'interno c'erano moltissimi disegni animati con vari personaggi (italiani e stranieri) e moltissimi di questi piccoli film erano realizzati da me: alcuni per conto di Case di Produzione, altri direttamente per alcune ditte che pubbicizzavano i loro prodotti attraverso questo efficacissimo mezzo.
Ma, come ormai tutti sanno, ad un certo punto la trasmissione "Carosello" venne chiusa e di conseguenza tutti noi che lavoravamo quasi esclusivamente per questi piccoli film, ci trovammo senza lavoro...
Erano i primi anni '70. Io, tra i diversi contatti, avevo anche quello di tentare una mia eventuale collaborazione al "Corriere dei Piccoli". Fissai un appuntamento con il direttore Gigi Boccaccini.
Corriere dei Ragazzi - 1972
Questi si stava giusto apprestando per creare un nuovo Corriere dei Piccoli che sarebbe uscito (per il momento) come inserto del "Corriere dei Ragazzi" (non ricordo quando e chi decise di cambiare il Corriere dei Piccoli in Corriere dei Ragazzi, so solo che fu un clamoroso errore ed ora stavano cercando di rimediare con un semplice "inserto"...).
La direzione e redazione di questo giornale (ed anche altri del Corriere della Sera) era situata in via Scalabrini, quasi alla periferia di Milano. Attesi, molto trepidante, nella saletta apposita ed infine parlai con il direttore.
Mi ero portato dietro una cartelletta piena zeppa di miei disegni con proposte di vari personaggi. Il direttore mi disse che non serviva vedere quei miei disegni dato che lui conosceva bene i miei personaggi che avevo fatto per altri giornali e sapeva esattamente quale fosse il mio stile.
Quindi, quando io tentai timidamente di proporgli almeno uno dei tanti personaggi che intendevo proporgli, lui mi disse che sicuramente si trattava di idee buonissime, ma lui aveva bisogno che io risolvessi un "problema"... Cioè, mi fece vedere una cartelletta con dei testi e lessi sulla copertina il nome dello sceneggiatore: Carlo Triberti.
Infatti, Triberti era stato direttore del Corriere dei Piccoli prima di lui e doveva fare in modo che "qualcuno" realizzasse a fumetti delle idee che Triberti aveva scritto. Si trattava di un piccolo coniglio e feci appena in tempo a leggere alcune righe di presentazione e ne fui terrorizzato: il tutto era scritto con uno stile molto "antico" ed aulico; insomma... già da quella presentazione avevo capito che la cosa non andava bene per me. Oltre tutto spiegai al direttore che io ero abituato da tempo a realizzare i miei fumetti con i testi scritti da me.
Boccaccini mi pregò di portarmi via la cartelletta e leggerla, poi ci saremmo sentiti di nuovo ed avrei dato la risposta. Insomma, mi prese da parte e mi spiegò:  visto che Triberti ora non era più direttore del Corriere dei Piccoli (era stato nominato - suo malgrado - direttore del "Corriere dei Ragazzi" e lo faceva molto malvolentieri), dovevano dargli comunque qualcosa da fare... Così mi spinse a non dire subito di no.
Io lessi quei testi e avevo deciso di telefonare per dire che non se ne faceva niente, ma Boccaccini mi pregò di accettare: per il momento avrei dovuto realizzare solo qualche storia di quel personaggino, poi avrebbe introdotto altri personaggi, questa volta miei. Alla fine accettai, anche se non troppo convinto.
Boccaccini mi fissò un appuntamento con Triberti e qualche giorno dopo lo conobbi personalmente. Eravamo in una saletta della redazione del Corriere dei Piccoli ed era presente anche Boccaccini.
Triberti era entusiasta di quel personaggio che all'inizio lui aveva chiamato in un modo un po' diverso, ma non ricordo bene quale; io gli feci notare che occorreva trovare un nome accattivante e, dopo varie discussioni: lui voleva chiamarlo Coniglietto, poi Giovanni, il coniglietto, alla fine si arrivò ad un compromesso:
Gianconiglio"Gianconiglio". Triberti non era molto convinto delle modifiche che io intendevo fare a questo personaggio, ma poi alla fine dovette accettare. Lui aveva in mente di fare delle "fiabe" per bambini incentrate su questo personaggio, io invece avevo in mente un paese abitato da vari animali (tutti antropomorfi): Triberti non era d'accordo che io mettessi una specie di vestito a quel personaggio, ma alla fine dovette accontentarsi. Io schizzai subito quele secondo me avrebbe potuto essere quel "Gianconiglio": più o meno come poi l'ho realizzato. A Boccaccini piaceva molto, a Triberti molto meno, ma accettò ugualmente borbottando: "Se ero ancora direttore io, questo personaggio sarebbe stato come volevo io!". Comunque ci demmo la mano e Triberti promise di farmi avere al più presto la sceneggiatura della prima storia; infatti pochi giorni dopo ricevetti un plico con dentro dei fogli di carta ingiallita (evidentemente era rimasta ferma per molti anni) e lessi il testo. Ad un certo punto mia moglie e miei figli si spaventarono: evidentemente avevo urlato... Avevo gettato in terra i fogli con quella "pseudo sceneggiatura". Non potevo fare un fumetto con un testo simile! Telefonai subito al direttore comunicandogli la mia decisione: non me la sentivo di illustrare un testo scritto in una maniera "fuori dal tempo" e poi con delle descrizioni che mi facevano passare la voglia di disegnare, senza contare delle "inconguenze" gravi, tipo quella che ad un certo punto Gianconiglio era, assieme a suo cugino, a tavola al ristorante ed ordinava del "brodo di tartaruga": ma non era stato considerato il fatto che in quelle storie esisteva anche un personaggio tartaruga, "Zia Tartaruga"!...
Ma Boccaccini riuscì a convincermi dicendomi di pensare io ad "adattare" il testo dove lo ritenessi opportuno. Così ormai ero stato "incastrato"... e mi misi a studiare l'impostazione delle tavole della prima storia, studiando anche il "logo": avevo creato un carattere un po' particolare con la scritta "Gianconiglio". Almeno il disegno di quel titolo mi aiutava ad andare avanti...
Mi ricordo che rifeci la prima tavola per diverse volte: non mi convinceva ed ero piuttosto depresso... Ma poi alla fine, anche dietro le insistenze di mia moglie che mi diceva che ero esagerato e poi... bisognava pur fare qualcosa, no? Così dovetti accontentarmi e realizzai tutta la storia che portai al direttore. Triberti era presente e guardò le mie tavole allibito: avevo trasformato completamente il personaggio! Ma Boccaccini invece disse che erano belle e mi disse di andare avanti subito con le storie successive.

Quelli erano tempi un po' burrascosi al Corriere della Sera: avevano cominciato a cambiare i proprietari (cambiavano spesso, troppo spesso!) e di conseguenza anche al Corriere dei Piccoli e al Corriere dei Ragazzi c'erano stati dei cambiamenti: cominciarono a cambiare i direttori ed i redattori; ogni direttore, come del resto capita un po' dovunque nel bene e nel male, effettuava delle modifiche sull'impostazione del giornale e di conseguenza ogni volta occorrreva adeguarsi alle nuove disposizioni. Per quello che mi riguarda, io ottenni di fare anche altre cose, sul Corriere dei Piccoli, oltre a Gianconiglio: mi affidarono una rubrica settimanale (di una pagina) chiamata Giocaumpo'"Giocaumpo'" dove c'erano giochi di vari tipi ed io ero riuscito a personalizzare la rubrica, lì avevo più libertà di azione. Questa rubrica durò diverso tempo e successivamente i grafici mi cambiarono l'impostazione (ed anche il "logo" del titolo: ora era diventato molto freddo!) che avevo dato io e, in quel modo non mi piaceva più tanto, ma proseguii ugualmente, anche se con un po' meno entusiasmo.
Dimenticavo di parlare del problema "colori"... A quei tempi occorreva colorare le tavole nel retro degli originali. Il motivo? Beh, i tecnici dicevano che in quel modo riuscivano a fotografare meglio i colori separandoli così dal nero. La spiegazione tecnica sarebbe un po' troppo complicata, resta il fatto che colorare nel retro di un cartoncino, di solito abbastanza spesso e di conseguenza poco trasparente, non era tanto facile: occorreva servirsi di un tavolo luminoso e di conseguenza capitava spesso che, senza volerlo, si facevano dei colori un po' più forti di quanto desiderato... Quindi bisognava accendere e spegnere in continuazione la luce per controllare se i colori erano esatti.
Ma poi ci fu qualcuno che studiò un altro sistema: uno studio grafico colorava tutte le storie a fumetti del Corriere dei Piccoli usando una particolare tecnica: coloravano le tavole su un cartoncino, in formato di stampa, sovrapponendo un acetato (pellicola di plastica) con il disegno in nero: in questo modo i colori restavano separati dal nero e si vedeva subito l'effetto di quanto sarebbe risultato poi in fase di stampa. Questo sistema ci aveva sveltito il lavoro, ma noi dovevamo cominque colorare le tavole (sempre sul retro) ma in maniera più approssimativa poiché servivano solo come indicazioni di colori. Il fatto è che a volte capitava che quello studio interpretava a proprio piacimento alcuni colori, quindi ad esempio se io mettevo un giallino chiaro il più delle volte loro mettevano il giallo puro che faceva risultare tutta la tavola con colori violenti. Io seguitavo a protestare (ed anche i miei colleghi erano insoddisfatti) ma tutto era inutile. Ma la cosa che mi aveva fatto arrabbiare di più era che il personaggio Gianconiglio che io avevo colorato in un grigio-azzurro leggermente verdino, loro lo avevano interpretato in verde! Le mie proteste furono inutili: ormai quello studio grafico era diventato intoccabile. Alla fine, dopo molte insistenze, arrivai ad un compromesso: Gianconiglio fu colorato in azzurro. Beh, meglio azzurro che verde...
Quel sistema fu usato per molto tempo (fu poi adottato anche dal Giornalino) fino al giorno in cui scoprirono che... si poteva anche colorare le tavole sul davanti! Fu una vittoria: finalmente i colori risultarono molto più vicini a quelli desiderati: spesso, anche al giorno d'oggi, dipendeva anche dal tipo di stampa e di carta usata, quindi a volte capitava (e capita) che c'era differenza tra un numero e l'altro. Era inutile protestare: nemmeno il direttore poteva intervenire sulla qualità di stampa...
Cdp 1974Ad un certo punto il Corriere dei Piccoli uscì di nuovo in edicola non più come inserto ma come un giornale a sé stante. Dopo Boccaccini, mi sembra nel 1974, fu nominato direttore Luciano Visintin. Devo dire subito che, per quanto mi riguarda, Visintin fu il direttore ideale: aveva molto entusiasmo ed aveva creato un clima di allegria e così io lavoravo molto più volentieri. Inoltre aveva avuto l'idea di inserire nelle pagine centrali un "Giocone", un maxi-gioco che relazzavo per la maggior parte dei casi io. Devo dire la verità: mi sono divertito molto con quei grandi giochi.
Visintin, poi, aveva una caratteristica: mi telefonava ogni volta che gli veniva in mente una idea nuova e chiedeva il mio parere. Poi, una volta alla settimana mi telefonava per riferirmi i risultati delle vendite che aumentavano di circa 10.000 copie in più ad ogni numero. Visintin era felicissimo ed io con lui. A volte mi chiamava anche di sera tardi perchè gli era venuta in mente un'idea particolare e voleva sentire il mio parere, per poi... coinvolgermi. Insomma, quello per me fu un periodo felice e si riscontrava anche dalla qualità dei disegni: erano molto più spigliati ed allegri.
Inoltre c'era stato un periodo in cui Moratti (il padre del l'attuale Moratti dell'Inter) che era diventato proprietario del giornale e a volte interferiva anche sul Corriere dei Piccoli: voleva che Gianconiglio fosse presente su tutti i numeri. Gli chiesero il motivo e lui rispose: "Perchè piace molto a mio figlio." (vedi nota qui sopra: prima della passione per il calcio, a Moratti piaceva leggere Gianconiglio...).
Cdp 1976Ma qualche tempo dopo, mi sembra nel 1976, Visintin su sostituito da Alfredo Barberis. Non ho mai saputo il motivo (forse motivi politici?...).
Con Barberis cambiarono anche quasi tutti i redattori. Non saprei spiegare il perchè, ma non riuscii mai a legare perfettamente con questo direttore. Forse perchè come carattere lui era esattamente all'opposto di Visintin? Fatto sta che da quando era arrivato Barberis, il mio lavoro al Corriere dei Piccoli diminuì. Tanto è vero che pensai bene di bussare anche alle porte del Giornalino per un mio eventuale "rientro": fui acolto molto bene e mi diedero subito molto lavoro, fra i quali la nascita del personaggio "Spugna" con testi di Laura De Luca (la figlia del famoso Gianni De Luca) ed a volte anche testi miei. Spugna ebbe molto successo e tutta la serie fu pubblicata anche all'estero, specialmente in Spagna dove ebbe altrettanto successo. Ma poi, dopo qualche tempo, Laura De Luca ebbe delle discussioni con il direttore del Giornalino e, dato che quel personaggio lo aveva proposto lei, Spugna fu chiusa. Al suo posto nacque l'Ispettore Perogatt... Ma questa è un'altra storia che riprenderò in una apposita puntata dedicata al Giornalino.
CdP 1978A Barberis, nel 1978, subentrò la José Rinaldi Pellegrini: a lei non piacevano tanto i miei disegni e di conseguenza mi affidava delle illustrazioni di vari generi. Lei aveva modificato completamente il Corriere dei Piccoli.
Non sono uno storico (l'ho ripetuto varie volte su questo PeroBlog) e di conseguenza può darsi che qualche data o dato non siano esatti: chiedo perdono in anticipo.
Devo dire però che, ad un certo punto, "qualcuno" ebbe la "bellissima" (...) idea di sopprimere il Corriere dei Piccoli e dare maggiore importanza al "Corriere dei Ragazzi": una decisione sbagliatissima, ma le nostre proteste non servirono a nulla. Mi diedero da fare una rubrica sul Corriere dei ragazzi: "Il Jolly si diverte" dove dovevo realizzare una serie di giochi. Era un lavoro abbastanza divertente, ma... l'atmosfera che regnava nella redazione non mi piaceva. Mentre prima (al Corriere dei Piccoli) c'era un clima di allegria, ora si vedevano solo musi lunghi. I bravissimi disegnatori Uggeri e Frascoli, ad esempio, ogni volta che li incontravo in redazione, seguitavano a borbottare che non vedevano l'ora di andarsene via di lì.
L'unico che era sempre allegro era Alfredo Castelli che era entrato come interno e realizzava diverse cose: fece il suo bellissimo "Omino Bufo" (era nato per caso - anni prima - proprio nel mio studio: erano degli schizzi che Castelli faceva su molti fogli di carta mentre pensava ai testi per Zio Boris...; io gli suggerii di pensare all'idea di farne un vero personaggio, ma lui si metteva a ridere; poi al Corriere dei Ragazzi mise in pratica i miei suggerimenti: fu un successo), creò la serie "Gli Aristocratici" che disegnò Tacconi (una particolarità: Castelli ebbe l'idea di indicare a Tacconi i personaggi "reali" ai quali ispirarsi per quelli del fumetto, cioè molti dipendenti del Corriere dei Ragazzi!); poi fece la rubrica "Tilt": questa fu una cosa che mi dispiacque molto poiché (non ho mai saputo il motivo) non aveva chiamato me a disegnare quella rubrica (in fondo anni addietro la rivista "Tilt" l'avevamo realizzata assieme, con Gomboli e Baratelli), ma chiamò un mio ex aiutante.
Corriere dei PiccolissimiCi furono molte proteste da parte dei lettori e di molti genitori che rivolevano in edicola il Corriere dei Piccoli, per cui ad un certo punto nacque il "Corriere dei Piccolissimi" (ma solo come "inserto"...) che però... era una brutta, bruttissima imitazione del Corriere dei Piccoli...
Fino a quando decisero di far tornare in edicola di nuovo il Corriere dei Piccoli, che però era completamente trasformato: non aveva quasi più niente a che vedere con il "grande" Corriere dei Piccoli.
Non so bene per quanto tempo è uscito, so solo che ad un certo punto hanno dovuto chiudere: ormai la "frittata" era fatta ed i lettori lo avevavo abbandonato definitivamente. Beh, forse una soluzione ci sarebbe stata: quella di cambiare il direttore e tutta la redazione... ma l'Editore non ci pensò nemmeno: preferì buttare nel cestino della spazzatura un grande giornale storico come era stato il Corriere dei Piccoli...
Ah, quasi dimenticavo, nel frattempo ci fu un'altra scelta sbagliata: il Corriere dei Ragazzi fu trasformato in "Corrier Boy" (ne acquistai una copia e rimasi inorridito: non ho nemmeno nessuna voglia di mettere qui una immagine della brutta copertina!) con un formato molto più piccolo ed impostazione grafica completamente diversa. Insomma, non era più ne carne ne pesce.
Ma anche questo dopo un po', ovviamente... chiuse. Nessuno se ne rammaricò.
Però furono in moltissimi a rimpiangere il Corriere dei Piccoli, ma quello "vero"!...

Quotidiano dei Piccoli - Gianconiglio
il quotidiano dei PICCOLI - 1979

Una curiosità. Quando, nel 1979, il personaggio Gianconiglio fu abolito dal Corriere dei Piccoli, io pensai di preparare un numero speciale ("edizione straordinaria"...) del "Quotidiano dei Fumetti" (che usciva tutti i giorni durante la manifestazione dei fumetti "GULP" organizzata a Milano - il tutto ideato e curato da Luigi F. Bona) e lo chiamai invece "Quotidiano dei PICCOLI" usando all'incirca la stessa impaginazione e quasi lo stesso "logo" del "Quotidiano dei Fumetti". In questo numero speciale - del quale avevo preparato qualche centinaio di copie e distribuito a chi visitava il mio stand all'interno della manifestazione - avevo preparato un finto scoop con il titolo "ignoti hanno tentato di uccidere GIANCONIGLIO!". Lo scopo era quello di far sapere il motivo per cui Gianconiglio non era più presente su Corriere dei Piccoli ed annunciava una specie di... rivincita: infatti, poco tempo dopo, al posto di Gianconiglio nasceva "SONNY" (del quale ho parlato a lungo in questo PeroBlog)...
Ah, il disegno originale di quella pagina (da me realizzata in grande formato e con i testi scritti tutti a mano - forse proprio dalla realizzazione di quella pagina mi venne in mente di realizzare il mensile "Slurp" che aveva come caratteristica principale quella di essere scritta tutta a mano!) fu messa all'asta durante una serata della manifestazione organizzata da noi, un piccolo gruppo di Autori, ("Fumettare a Milano") che si svolse a Milano presso l'Hotel Michelangelo e fu acquistata da un collezionista: un mio caro amico di Genova (Riccardo F.) e la cosa mi ha fatto doppiamente piacere dato che sapevo che lui non l'avrebbe poi rivenduto, ma tenuto fra i suoi disegni originali da tutto il mondo. L'asta fu tenuta dall'amico (purtroppo prematuramente scomparso) Franco Fossati (info: www.lfb.it/fff) che era riuscito a rendere particolarmente allegra quella vendita all'asta.

    PerogattBene, direi che si possa chiudere qui la serie di aneddoti riguardanti il Corriere dei Piccoli. Ma potrebbe anche darsi che in seguito mi torni in mente qualcos'altro... In questo caso, se questi altri aneddoti li riterrò interessanti, nessuno mi impedisce di preparare un'altra puntata (magari fra un po' di tempo) sempre su questo argomento, no?...
    NOTA
    Ringrazio ancora una volta tutti gli amici che mi hanno dato una mano a procurare la necessaria documentazione (immagini, dati, date, curiosità) per realizzare queste puntate riguardanti il Corriere Dei Piccoli; parlo di Giuseppe, Giovanni, Marco, Alex, Mariolino, ma soprattutto Contix - senza il quale forse queste puntate non avrei potuto realizzarle - e moltissimi altri (che non desiderano essere nominati qui...): grazie a tutti!


(58 Segue)

Postato da: Perogatt a maggio 31, 2006 23:57 | link | commenti (12)
corriere dei ragazzi - corriere

sabato, 27 maggio 2006
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (57)

Chi ha incastrato il Corriere Dei Piccoli? (b)



    Praticamente questa è un po' un'appendice alla precendente puntata, cioè approfitto per inserire alcune cose che non avevo messo, o meglio potuto mettere, nella precedente puntata di "Chi ha incastrato il Corriere Dei Piccoli?". Il motivo? Semplice: l'amico Contix (che i più fedeli nella lettura di questo mio PeroBlog avranno notato essere presente piuttosto spesso con i suoi preziosi commenti e precisazioni) mi ha inviato diverse immagini che avrebbero dovuto essere presenti nella puntata precedente, ma preferisco aggiungere una puntata a parte, proprio per questo motivo. Mi ha inviato anche altre immagini che molto probabilmente utilizzerò per una delle prossime puntate.

    Perogatt - Web-CamApprofitto per ringraziare qui pubblicamente l'amico Contix per
    la pazienza e il tempo che ha impiegato per "scansionare" le immagini ed inviarmele. Ah, ogni tanto ci sentiamo via e-mail e, quando capita, ci facciamo anche una simpatica chiacchieratina con la web-cam - cosa che avviene spesso anche con altri amici conosciuti proprio grazie a questo blog (ed anche colleghi e giornalisti), come Mario(non quello dei bigliettini), Mariolino, Federico x, Gianfranco G. ed altri. Ovviamente l'invito ad aggiungermi nella lista dei contatti per chiacchierare con la web-cam (o magari semplicemente chattare) è valido per chiunque possiede la web-cam ed abbia voglia di scambiare con me quattro chiacchiere alla buona: l'importante è che si munisca del programma MSN Messenger (che si scarica gratis ed è facilissimo da installare ed usare) e cercarmi con il mio nome d'arte "Perogatt" oppure con il mio indirizzo e-mail "ispettore-perogatt@hotmail.it"; poi basta inviarmi una chiamata (sempre con MSN): se sarò libero farò volentieri una chiacchierata, preferibilemente nelle ore serali o notturne, altrimenti... sarà per la prossima volta :) Allora: vi aspetto.



Gervasio - 1959Nella precedente puntata avevo parlato di Rubino e del suo personaggio Pierino. Contix mi aveva fatto notare che c'era una certa somiglianza - come contenuto base fra quel personaggio ed il mio Gervasio ("Jolly" - 1959), ma io gli ho subito risposto che io non avevo mai visto prima quel personaggio... Inoltre, come risposta al commento, avevo spiegato le motivazioni che mi avevano ispirato alla realizzazione di quella serie di Gervasio (Gervasio era "allergico" al denaro)
. Comunque Contix mi ha mandato una pagina con "Pierino e il burattino", il personaggio di Rubino, che inserisco proprio qui sotto (nella puntata precedente avevo messo solo una striscia).

Contix mi aveva anche inviato una pagina del Corriere dei Piccoli del 1917 con il Signor Bonaventura: ho notato che, nell'elenco dei personaggi del "vecchio" Corriere dei Piccoli, cioè di quando ero un piccolo lettore, mancava il Signor Bonaventura (che poi successivamente ho realizzato anche io) di STO (Sergio Tofano), ebbene non lo avevo messo nel breve elenco poichè... quando ero piccolo a me il Signor Bonaventura non piaceva tanto... Lo scoprii da grande, riuscendo ad apprezzare molto di più lo stile e le sue caratteristiche raffinate. Inoltre ebbi modo di conoscere Sergio Tofano come attore: lo vidi in televisione in molti spettacoli teatrali e ne apprezzai le qualità anche di attore oltre che come disegnatore. Bene, ovviamente... per le prossime puntate spero di riuscire a trovare i miei disegni originali delle tavole del Signor Bonaventura che avevo realizzato io, con il permesso di Sergio Tofano e che avevo proseguito a realizzare anche dopo la sua morte.

Come se il resto non bastasse, sempre l'amico Contix aveva inserito un suo particolare commento sulla precedente puntata a proposito del personaggio Marmittone di Angoletta (chi non avesse letto quel commento, conviene andare a leggerlo ora), bene mi ha inviato anche una pagina del Corriere dei Piccoli proprio con Marmittone: ovviamente inserisco qui sotto anche questa.


Inoltre, sempre nella puntata precedente, avevo parlato di un personaggio che diventava invisibile e che a me piaceva molto (tanto che avevo cercato inutilmente di imitarlo...), ma non ricordavo il suo nome. Ebbene Contix mi ha inviato una pagina anche di questo personaggio che, guarda caso, mi ha detto che si chiama proprio "Glicerina" come uno degli ingredienti che lo facevano diventare "invisibile". Qui si può dare un'occhiata anche a questo strano personaggio; ma ora cè un'altra domanda: chi era il disegnatore? Dal disegno non mi sembra che risulti. Beh, se qualcuno che legge qui, per caso sapesse il nome di questo disegnatore, è pregato di comunicarmelo. Grazie.

Contix (sempre lui...) mi aveva fatto notare che sul Corriere dei Piccoli, fin dagli anni '30, oltre le didascalie in rima c'erano anche i fumetti: infatti c'era un personaggio (che io ricordo benissimo dato che a quell'epoca quel personaggio - dallo stile vagamente Disneyano - era presente anche sulle copertine dei quaderni di scuola...) e si chiamava Formichino; il suo autore era l'italiano Sgrilli (mi sembra fosse stato toscano e che in quel periodo avesse realizzato anche dei disegni animati) che aveva inserito dei fumetti nelle vignette, anche se poi sotto c'era la solita didascalia rimata. Io avevo risposto a Contix che quando dicevo che sul Corriere dei Piccoli, a quel tempo c'erano dei noti personaggi con sotto le didascalie in rima, ma che poi scopersi che nell'edizione originale erano realizzati a fumetti. Ma io non parlavo di autori italiani, ma di alcuni noti personaggi americani ribattezzati in Italia come Bibì e Bibò, Mio Mao, Fortunello, Arcibaldo e Petronilla.

Quanto ai sopracitati personaggi americani, non sono ancora riuscito a rintracciare delle loro tavole pubblicate su Corriere dei Piccoli: chi lo sa se Contix riuscirà a rintracciare anche queste?... O magari qualche altro amico sarà pronto a raccogliere la "sfida"?...

Comunque,
poteva Contix esimersi dall'inviarmi anche il personaggio di Formichino?... Quindi eccolo qui sotto.
Ah, ho messo anche una immagine del famoso Pier Lambicchi di Manca.




















Rubino - Pierino e il burattino

Corriere dei Piccoli - Pierino di Rubino


STO - Signor Bonaventura - 1917

Corriere dei Piccoli - Signor Bonaventura - di STO Sergio Tofano


Marmittone di Angoletta

Corriere dei Piccoli - Marmittone - di Angoletta


Glicerina

Corriere dei Piccoli - Glicerina


Formichino di Sgrilli

Corriere dei Piccoli - Formichino di Sgrilli











Pier Lambicchi (con la sua "arcivernice") di Manca




    Bene, la prossima puntata è quasi pronta (mancano solo alcune immagini e qualche "limatina"...) ed appena possibile la metterò qui, sul PeroBlog. Quindi a presto.


     



(57 Segue)

Postato da: Perogatt a maggio 27, 2006 17:04 | link | commenti (5)
rubino, manca, gervasio, tofano, angoletta, sgrilli

martedì, 23 maggio 2006
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (56)

Chi ha incastrato il Corriere Dei Piccoli? (a)

    Mostra Corriere Dei PiccoliGià, chi ha incastrato il Corriere dei Piccoli?
    Eppure era un bel giornale ed aveva avuto dei momenti di grande splendore e notorietà, ma poi "qualcuno" ad un certo momento, purtroppo ha deciso di farlo chiudere.
    Non è molto chiaro il motivo, ma resta il fatto che sono in molti, moltissimi - ex lettori e nuovi lettori - che lo rimpiangono.
    Anche noi Autori lo rivorremmo e ci stiamo dando da fare per tentare di far capire agli Editori che il Corriere Dei Piccoli potrebbe tornare, ma "a modo nostro": abbiamo deciso che "se" qualche Editore ci ascolterà e si ritirerà fuori quel mitico settimanale, dovrà essere fatto come diciamo "noi" perchè siamo gli unici che sappiamo veramente che cosa vogliono oggi i lettori e che non trovano in edicola! Quindi i patti sono chiari: o si fa come diciamo noi o... non se ne fa niente. Noi ovviamente speriamo che salti fuori un Editore intelligente che capisca che noi potremmo salvare quel giornale: ci siamo riuniti varie volte, abbiamo fatto una mostra itinerante, delle tavole rotonde...
    Beh, noi abbiamo le idee chiare, ma gli Editori spesso sono sordi... Ma cerchiamo di essere ottimisti e speriamo che qualche Editore intelligente esista e ci contatti e che di conseguenza qualcosa di bello, ma veramente bello, si possa fare.
    Ormai quasi tutti sanno che anche io ho collaborato per anni con il famoso ed indimenticato "Corriere dei Piccoli", ma pochi conoscono la mia storia riguardo quel settimanale. Allora, anche spinto da molti amici, mi sono deciso a raccontarla. Ma avverto in anticipo che... ci sarebbero molte cose da raccontare, per cui non so quanto verrà lunga questa puntata... Magari sarà il caso di suddividerla in varie puntate? Vedremo.

     Quando ero molto piccolo, mia madre mi comprava il "Corriere dei Piccoli" e mi ricordo che mi leggeva le didascalie rimate dei vari quadretti. Anche lei era lettrice di quel settimanale e, quando ero diventato un po' più grande, mi diceva che lei aveva letto il Corriere Dei Piccoli N. 1 - 27-12-1908Corriere dei Piccoli fin dal primo numero del 27 dicembre 1908.
    Mia madre mi diceva anche che all'inizio, il Corriere dei Piccoli (nato come supplemento del Corriere Della Sera) aveva una strana copertina: sopra quella interna ce n'era anche un'altra esterna stampata in nero su una carta colorata in celeste (almeno così mi pare); più o meno, nello stesso periodo, usciva anche un altro settimanale del Corriere della Sera, la "Domenica del Corriere" ed anche questo aveva la copertina aggiuntiva, mi sembra su carta verde chiaro. Questo settimanale con quella strana copertina lo avevo visto anch'io quando ero piccolo e, quando un giorno decisero di toglierla e lasciare come copertina la prima pagina (quella classica con un grande disegno di attualità illustrato dal grande Beltrame - e successivamente dall'altrettanto grande Walter Molino), beh all'inizio io ci rimasi un po' male, ma poi ci feci l'abitudine. Non ho mai saputo il motivo di quella seconda copertina. Forse serviva a proteggere i colori dell'interno? A quei tempi la qualità della stampa non era come quella d'oggi e magari c'era il rischio che i colori si danneggiassero senza protezione. A questo proposito, faccio un piccolo appello: se qualcuno che legge qui sa qualcosa su questo argomento, è pregato di comunicarlo, così si potrà comunicare a tutti. Ovviamente ringrazio anticipatamente, anche a nome dei più... curiosi.
    Mia madre conosceva tutti i personaggi del Corriere dei Piccoli e di molti si divertiva a dire a memoria le frasette iniziali in rima, che per la maggior parte dei casi, per ogni puntata erano sempre le stesse. Mi ricordo che mi parlava di un personaggio chiamato "Bilbolbul" disegnato da Attilio Mussino, praticamente una specie di capostipite dei grandi Autori italiani del Corriere dei Piccoli. C'erano poi diversi personaggi creati da un altro bravo ed originale disegnatore: Antonio Rubino.

    Domenica Del Corriere - Copertina di Beltrame
    Domenica del Corriere - Copertina di Achille Beltrame
    Domenica Del Corriere - Copertina di Molino
    Domenica del Corriere - Copertina di Walter Molino
    Bilbolbul
    Corriere dei Piccoli - Bilbolbul di Attilio Mussino
    Rubino - autoritratto
    Autoritratto di Antonio Rubino
    Quadratino - di Rubino
    Corriere dei Piccoli - Quadratino di Rubino
    Pierino - di Rubino
    Corriere dei Piccoli - Pierino di Rubino


    So che il disegnatore Luciano Bottaro (autore del famoso pirata "Pepito", "Personaggi di BottaroPon Pon" e di molti altri noti personaggi, oltre ad essere stato uno dei più bravi autori che aveva realizzato delle bellissime storie di Topolino e Paperino) ha anche avuto sempre una grande ammirazione per Rubino e, probabilmente senza volerlo, ne ha preso qualche cosa dato che nel suo stile si vede qua e là c'è una certa somiglianza o meglio, l'atmosfera generale delle tavole (ah, alcuni amici mi hanno detto che sembra anche che Bottaro sia anche in possesso di alcune tavole originali di Rubino!). Io mi ricordo di Rubino, soprattutto per il suo stile strano, diverso da tutti gli altri e poi mi aveva colpito il modo di mettere la sua firma: leggibilissima, in stampatello, al contrario di altri che a volte era un po' difficile da decifrare.
    Al Corriere dei Piccoli, a quei tempi, secondo me avevano la cattiva abitudine di non scrivere il nome degli autori, così io mi affezionavo ai personaggi, ma anche ai loro autori, con i nome che riuscivo a decifrare. Ad esempio, mi ricordo di Pier LambicchiMarmittoneManca che realizzava il personaggio Pier Lambicchi, e poi un "certo" Ang oppure semplicemente "A" (seppi successivamente che il nome intero era Angoletta) che disegnava il personaggio chiamato Marmittone, un piccolo soldato maldestro che finiva sempre in prigione. Io tifavo sempre per lui e mi dispiaceva quando lo mandavano in prigione.
    Ci furono poi molti altri celebri personaggi come "Bibì, Bibò e Capitan Cocoricò", "Arcibaldo e Petronilla", "Fortunello", "Mio Mao" (allora credevo che quei personaggi fossero di autori italiani, ma poi scopersi che erano americani), "Sor Pampurio" (di Bisi) e molti altri. Mi ricordo poi di due personaggi: "Pio Languore e Meo Carota" che erano stati creati da un "certo" Palermo. Successivamente, poi, lo conobbi personalmente alla "Pagot Film" dato che lui curava molte colonne sonore: oltre a disegnare, Ferdinando Palermo era anche un bravo musicista.

    A questo proposito approfitto per raccontare un piccolo aneddoto: a volte io lavoravo in una saletta dedicata al "montaggio" dei film, cioè si mettevano nella "moviola" la pellicola del disegno animato e il nastro con la parte sonora che ovviamente dovevano combaciare. Una volta stavo cercando una musica da inserire in un Carosello e a me piaceva molto l'idea di metterci un pezzo di musica classica, quindi stavo provandone una del famoso musicista Tschikowsky - si scrive così?... - Ad un certo punto si apre la porta della stanzetta e si affacciò Palermo che mi disse: "Tschikowsky?" Ed io, prontamente "No li ho finiski" Palermo scoppiò a ridere ed ogni volta che entrava nella saletta del montaggio seguitava a chiedermi di Tschikowsky, sempre ridendo.

    Ma torniamo al racconto della mia "avventura" al "Corriere dei Piccoli".
    Da ragazzo il giorno più bello per me e per i miei amici era il giovedì, perché al pomeriggio arrivava il giornalaio che strillava Corriere dei Piccoli - anni 40"Corriere dei Piccoliii" e noi correvamo dai nostri genitori per farci dare la monetina (mi sembra che costava 5 centesimi, ma forse sbaglio, comunque costava poco) e correvamo incontro al giornalaio per comprare il Corriere dei Piccoli. Subito dopo ci sedevamo tutti su dei gradini a leggere il nostro giornale preferito. Lo so, avremmo potuto comprare solo una copia e passarcela per leggerla tutti, ma ognuno di noi ci teneva ad avere la "sua" copia anche perchè poi veniva gelosamente conservata. Mio fratello comprava il Vittorioso: io davo un'occhiata a quel giornale, ma mi accorgevo che i personaggi del Pier Lambicchi
    Corriere dei Piccoli erano molto più vicini al mio modo di pensare.
    C'erano molti personaggi che mi affascinavano, ma un personaggio in particolare (purtroppo non mi viene in mente il nome) mi piceva moltissimo; era un ragazzino ed aveva inventato un liquido che, spalmandoselo addosso, lo faceva diventare invisibile. Mentre preparava quel liquido "magico" a volte diceva i nomi degli ingredienti e mi ricordo che nominava anche la "glicerina". Anche io, ovviamente, volevo diventare invisibile come lui e, dato che mio zio faceva il farmacista, un giorno andai nella sua farmacia per chiedergli se poteva darmi un po' di glicerina. Lui mi chiese per che cosa mi serviva ed io, candido, gli risposi che mi serviva per farmi diventare invisibile. Lui si mise a ridere, comunque mi diede un piccolo vasetto di glicerina. Arrivato nella mia stanza io provai a spalmarmene un po' addosso, ma scoprii che non diventavo invisibile. Mi dissi che evidentemente non bastava la glicerina, c'era un altro ingrediente che lui però non diceva mai di cosa si trattava ed io speravo che un giorno o l'altro lo dicesse, ma niente...
    il VittoriosoHo detto che leggevo il Corriere dei Piccoli, ma anche il Vittorioso e talvolta Topolino. Così era... naturale che pensassi di realizzare delle tavole a fumetti. Per prima ne preparai una di formato molto grande: avevo saputo che i disegnatori realizzavano i loro disegni in un formato più grande, ma non sapevo in quali misure, per cui presi un grande foglio di cartoncino e ci disegnai una storia "autoconclusiva", cioè che si svolgeva tutta in quella tavola. Il titolo era "Il mistero del castello" e praticamente avevo sviluppato a fumetti una nota barzelletta che andava di moda in quel periodo. Ma poi, subito dopo, decisi di realizzare una intera storia in varie puntate (a quei tempi si usava spesso suddividere le tavole in puntate poiché venivano solitamente pubblicate una per settimana e sotto c'era la scritta "Continua"). Il titolo era "Il vaso cinese". Sinceramente non ricordo bene la storia, ricordo solo che era avventurosa e che ci impiegai un bel po' di tempo prima che la storia fosse terminata.
    Un giorno ero in giro per la città con mia madre ed incontrammo una signora che era una disegnatrice: lavorava a Milano e preparava i disegni dei "modelli" per abiti da donna; questi grandi disegni, poi, venivano esposti nelle vetrine dell'importante negozio chiamato "Galtrucco" che era situato proprio in Piazza del Duomo. Quando questa signora seppe che io avevo preparato una storia a fumetti, mi chiese di vederla e ne fu ammirata. Mi promise che ne avrebbe parlato con un suo amico che era un dirigente del Corriere dei Piccoli. Ovviamente io ne fui entusiasta. Così le diedi le tavole della mia storia da portare a Milano. Poco tempo dopo tornò e mi disse che avrebbero pubblicato la mia storia strombazzandola come un fumetto realizzato da un giovanissimo lettore. Io non stavo più in me dalla gioia, ma lei mi disse che non sapeva quando avrebbe potuto tornare a Milano: in quel periodo in Italia c'era la guerra e passammo un periodo piuttosto burrascoso (vedi puntata "Io e la seconda guerra mondiale") e, quando finalmente si tornò alla "quasi" normalità, quella signora che mi aveva parlato del Corriere
    Gianconigliodei Piccoli era ritornata a Milano ed aveva ripreso il suo lavoro presso la "Galtrucco". Quando finalmente tornò a Senigallia per incontrare i parenti, venne a trovarci e mi ridiede (dopo anni) le tavole della mia storia e mi disse che aveva parlato con quella persona con la quale aveva parlato dei miei fumetti, ma questi aveva osservato che ormai era passato diverso tempo e non potevano più considerarmi un "giovanissimo lettore" dato che ormai sicuramente sarei diventato grande...
    Però non sapevano che un giorno avrei collaborato davvero al Corriere Dei Piccoli!
    Ma questo lo racconterò nella prossima puntata...


      NOTA
      Ringrazio vivamente tutti gli amici che mi hanno dato una mano a procurare la necessaria documentazione (immagini, dati, date) per realizzare queste puntate riguardanti il Corriere Dei Piccoli; parlo di Giuseppe, Giovanni, Marco, Alex, Mariolino e moltissimi altri (che non desiderano essere nominati qui...): grazie a tutti!

    (56 Segue)

Postato da: Perogatt a maggio 23, 2006 19:42 | link | commenti (8)
corriere dei piccoli

venerdì, 19 maggio 2006
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (55)

Arrivano i Putipoti

PutipotiPutipoti Intorno alla fine degli anni '60, durante le riprese del cortometraggio "Arrivano i Putipoti" (realizzato con tecnica mista: dal vero, disegni animati e pupazzi - produzione: "Slogan Film") eravamo andati con la troupe, per girare alcune scene, in un parco di Milano, il Parco Lambro, chiamato così perché è situato nei pressi del Fiume Lambro che però... non si può certo dire che era un bel fiume dato che moltissimi scarichi delle numerosissime ditte nei dintorni di Milano andavano a finire proprio lì. Ho detto "era", poiché dopo quella volta non ci sono più tornato e non so se nel frattempo qualcuno abbia pensato a bonificare quel fiume. Lo spero, ma temo proprio che le cose siano rimaste tali e quali: costa troppo sistemare certe cose che in fondo riguardano "solo" la salute dei cittadini...
Parco LambroAvevamo scelto quel Parco per
il fatto che solitamente era poco frequentato e la cosa ci facilitava il lavoro delle riprese. Le scene che dovevamo girare lì erano praticamente per l'arrivo di un "misterioso" disco volante... Solo che quella specie di disco volante lo avremmo poi aggiunto in fase di lavorazione. C'erano con noi due ragazzi (un ragazzo e una ragazza) che, girando con la bici, dovevano fa finta di essersi recati lì per approfittare per studiare su un prato vicino ad un laghetto. Ad un certo punto avrebbero dovuto guardare verso una parte, quella dove poi sarebbe arrivato il "disco volante", ma si faceva parecchia fatica a far capire ai due ragazzi che dovevano fingere di essere meravigliati perchè poi lì sarebbe arrivato una specie di "disco volante". Cercammo di spiegare che si trattava di un "trucco" cinematografico, ma quei due non riuscivano a capire e, mentre recitavano, si guardavano attorno un po' preoccupati: "E se poi arrivano gli alieni?..." Insomma, approfittammo dello sguardo un po' timoroso dei due per ottenere le espressioni giuste, proprio quelle che volevamo.
Ah, il "disco volante" nel film si vedeva fin dall'inizio, proprio nella sigla animata, che girava per la galassia (che, per la maggior parte, avevo colorato di violetto) sfiorando poi vari pianeti per poi alla fine giungere in vista del pianeta Terra ed atterrare proprio in quel parco... (poi, con il disegno animato, si scopriva che quel disco volante in effetti era proprio il Putipoti che si trasformava immediatamente ed assumeva una faccia sorridente ed accattivante e quindi avrebbe parlato con i due ragazzi spiegando anche il motivo del suo arrivo sulla Terra. Ora non sto qui a descrivere il racconto di quel film: primo perché ci vorrebbe troppo tempo, secondo perché, essendo un film particolare e realizzato con varie tecniche, occorrerebbe vederlo. Quindi conviene rinunciare e proseguire con gli "aneddoti". Ok?

Nel film La Notte: Guatelli a sinistraLa Notte - 1962 - con Mastroianni
Durante la sigla scorrevano i Titoli di testa e c'era una bellissima musica che sottolineava i vari spostamenti e giravolte del disco volante. Per questa musica la produzione aveva contattato il maestro Alceo Guatelli che a quell'epoca era molto famoso, poiché aveva composto diverse canzoni di successo (una - non ricordo il titolo - con Caterina Caselli) e poi era uno dei principali "arrangiatori" italiani ed aveva contribuito così al successo di molte canzoni di altri autori.
Per la musica di quella sigla, io cercai di far capire al maestro Guatelli che cosa avrei voluto ed anzi gli canticchiai alcuni pezzi che avevo in mente. Lui capì bene e prese subito degli appunti. Quella sera stessa poi mi telefonò per farmi sentire, attraverso l'apparecchio telefonico, la melodia che aveva studiato. Gli dissi che era perfetta, solo che io avrei visto quella musica non tipo le solite musichette che si usavano per i disegni animati, ma una musica che si avvicinasse al genere della musica classica, magari usando molti strumenti appositi: molti fiati. Quando ci riunimmo per la registrazione, il maestro Guatelli mi porse lo spartito musicale ed io gli dissi che mi piaceva la musica ed avevo anche "composto" alcune musiche per vari spettacoli teatrali ed anche qualche canzone e pure una specie di ballata tipo irlandese, ma non conoscevo la musica... Allora mi disse di stare ad ascoltare. Mentre i suonatori facevano le prove, io ascoltavo osservando i disegni che avevo preparato per la sigla e che tenevo in una cartelletta: scoprii che quella era proprio la "mia" musica, cioè quella che avevo canticchiato, ma ovviamente ora, arrangiata magistralmente, era diventata una bella melodia ed il maestro Guatelli aveva fatto un capolavoro. Anzi, visto che quella musica si sentiva proprio mentre si vedeva appunto lo spazio, con i vari pianeti e stelle, colorato a base di violetto, proposi il titolo di quel pezzo musicale: "Violet space". A lui piacque e piacque anche al produttore di una delle maggiori case musicali italiane che ne fece un disco che però avrebbe dovuto essere distribuito solo dopo che i film fossero stati trasmessi in Tv. Quindi mi chiesero se era possibile distribuirlo all'estero. Io dissi di sì, a patto che non fosse in Europa. Così quel disco fu distribuito in Canada dove ebbe un discreto successo, ma poi, in breve tempo, divenne molto conosciuto perché era stato usato per la sigla di apertura e chiusura delle trasmissioni TV di una importante emittente canadese. Così, per diverso tempo il Maestro Guatelli riceveva le percentuali sui diritti dell'uso della musica e lui ogni tanto mi dava una bella cifra per i miei diritti: in fondo avevo suggerito io quella musica.

Parco Lambro
Ma torniamo al Parco Lambro ed alle riprese di "Arrivano i Putipoti".
Quando, verso sera, avevamo finalmente finito quel gruppo di riprese, stavamo avviandoci per fare ritorno a casa. Eravamo stanchi, ma contenti che il tutto era riuscito molto bene, quindi uno dei miei collaboratori, Dani, si mise a sedere sul cofano dell'auto dell'operatore che stava avviandosi; questi gli diceva di scendere perché si era fatto tardi, ma lui rimaneva lì. Ad un certo punto l'operatore diede una piccola scossa all'auto e Dani perse l'equilibrio e cadde in terra. Ci mettemmo tutti a ridere, ma vedemmo che Dani era rimasto immobile in terra sofferente. Pensavamo si trattasse di uno scherzo, ma poi ci accorgemmo che quella era stato proprio una brutta caduta. Così lo caricammo subito su un'auto e lo portammo al pronto soccorso. Ingessatura...Qui scoprirono che si era fratturato una gamba, così dovettero ingessargliela completamente.
Quella che era iniziata come una piacevole giornata, stava terminando male. Noi ci demmo da fare per cercare di tenere su di morale Dani, ma lui era avvilito perché in quel modo non poteva lavorare per un po' di tempo.
Uno della troupe, Luigino, si offerse di accompagnarlo lui in giro per Milano. Luigino era un "tuttofare": era scenografo, pittore, elettricista, trovarobe, scrittore... Insomma, per ogni cosa che serviva, noi sapevamo che tanto c'era Luigino. Ma la dote principale di Luigino era quella di riuscire a tenere su di morale tutti gli altri. Così riuscimmo a ritrovare in qualche modo l'armonia che si era creata.
Ma c'era un piccolo problema: del nostro gruppo Dani era l'unico che guidava l'auto... quindi tutti gli spostamenti li dovevamo fare in tram o autobus.
Tram milaneseCosì capitava abbastanza spesso che io e Luigino lo accompagnavamo. Una volta lì per lì Luigino mi propose di fare un piccolo scherzo. Difficilmente io so resistere alla tentazione di fare degli scherzi... quindi io e Dani accettammo con entusiasmo. Dovevamo prendere il tram e ci mettemmo accanto al cartello della fermata. La gente ci lasciava passare perché vedeva Dani che, con la gamba completamente ingessata, faceva piuttosto fatica a camminare (il fatto è che lui stava esagerando per stare allo scherzo...). Ma Luigino aveva avuto l'idea di far credere che loro due erano miei figli; ma non basta, Luigino (piuttosto alto, molto più di me) parlava in maniera che sembrava un bambino, cioè un giovane ritardato mentale... Così, quando arrivò il tram, tutti si diedero da fare per aiutarci a salire e Dani ci impiegava molto più tempo di quanto non riuscisse: lo faceva per rendere la scena ancora più "pietosa". Subito molta gente si alzò in piedi per lasciarci sedere: da una parte Dani e dall'altra Luigino che seguitava a chiedermi (sempre con la voce da ritardato mentale): "Quando arriviamo, papà? Quando arriviamo, papà? Papà, quando arriviamo?" Ed io cercavo di tranquillizzarlo; Dani nel frattempo si alzava e si sedeva in continuazione come se stesse cercando la posizione giusta per sedersi, e nel frattempo si lamentava per il dolore alla gamba (in effetti non gli faceva male per niente). Io cercavo di consolare Dani e Luigino. Si vedeva dalle facce della gente presente che ci compativano e sentii delle signore che dicevano: "Poverino quell'uomo lì, con due figli deficienti..." Io mi vergognavo, ma ormai lo "scherzo" era cominciato e doveva proseguire.
Tram ATM - Azienda Trasporti MilanoPer tutto il viaggio i due seguitavano a lamentarsi chi in un modo e chi in un altro ed io mi lamentavo con tutti e due. Poi ad un certo punto feci avvicinare i due alla porta d'uscita; la gente ci dava una mano. Arrivati alla fermata, molti si offrirono per aiutarci a farci scendere. Appena scesi, Dani smise di far finta di essere completamente impossibilitato a camminare e si mise a fare una piroetta usando una specie di perno di ferro che gli avevano sistemato sotto il piede e Luigino si mise subito a parlare normale. La gente ci guardava sbalordita e, proprio mentre le porte del tram stavano per chiudersi, ce ne andammo tutti e tre camminando allegramente e cantando. Facemmo appena in tempo a vedere le facce della gente rimasta sul tram: indescrivibile...

La lavorazione di questo film durò qualche mese: eravamo proprio in estate e, sotto i riflettori, facevamo molta fatica anche perché sudavamo molto, specialmente quando dovevamo muovere i pupazzi: noi eravamo completamente vestiti di nero e con le mani (con i guanti neri, ovviamente...) dovevamo far muovere le varie parti dei pupazzi: chi muoveva la bocca e la testa, chi le braccia e chi le gambe. Insomma, ogni volta era una bella sudata. Inoltre, come ho detto, quello era un film con alcune scene realizzate con i pupazzi (pupazzi realizzati con una speciale gomma piuma che preparammo noi da soli con una fatica notevole), altre con i disegni animati (che si muovevano spesso sopra delle scene appositamente girate dal vero), quindi in quel periodo facevamo un triplo lavoro: le riprese dal vero (in studio ed in esterni), i movimenti dei pupazzi ed i disegni animati. Dato poi che la cifra che il produttore della Slogan Film ci aveva messo a disposizione era piuttosto bassa, dovevamo realizzare il più possibile in pochissime persone: tre o quattro.
Nel frattempo eravamo riusciti a convincere il produttore a realizzare anche dei prototipi di pupazzi con i miei personaggi "Putipoti" ed erano già pronti vari tipi di gadget da lanciare con l'inizio della serie Tv "Arrivano i Putipoti".

Logo Rai
Ah, già, mi ero dimenticato di dire che quel film era stato preparato per la Rai che aveva già programmato un grosso lancio ed una cadenza settimanale durante la "TV dei ragazzi" che allora veniva trasmessa tutti i giorni, al pomeriggio.
Il produttore si era messo preventivamente in contatto con la Rai per questa operazione e mi disse che il responsabile era un certo "C" (non scrivo il nome per esteso: lo spiego più avanti), ma non ricordava il cognome. Quando io mi trovavo a Roma avevo lavorato per anni assieme ad un amico che si chiamava appunto "C" (avevamo lavorato assieme per molto tempo ed andavamo molto d'accordo, ci facevamo anche molte risate; eravamo anche stati in vacanza assieme per diversi anni. Dato che fumavamo tutti e due e ci trovavamo nello stesso ufficio, una volta avevamo deciso di diminuire almeno le sigarette; "C" ebbe un'idea: tagliò un pacchetto di sigarette in due ed ognuno di noi aveva così metà pacchetto: questo ci faceva in effetti fumare di meno. Ah, devo dire che a quell'epoca quasi nessuno fumava sigarette con il filtro, quindi ognuno di noi due aveva lo stesso tipo di "mezza sigaretta". Il risultato fu che dopo qualche mese smettemmo, non di fumare... ma di usare quel sistema perché era troppo complicato... Insomma, eravamo proprio due amiconi), pensai che quel dirigente della Rai avrebbe potuto essere proprio lui!.
Io avevo saputo che anche lui, come alcuni altri dipendenti del Vittorioso, quando questo giornale aveva chiuso era entrato alla Rai, pensai che magari si trattava proprio di lui. Così, quando il produttore telefonò, mi passò questo "C" e scoprii che non mi ero sbagliato: era proprio lui! Io ero contentissimo di risentirlo dopo diversi anni, ma lui si scusò dicendo che aveva una riunione urgente: ci saremmo parlati più a lungo quando ci saremmo incontrati alla Rai, a Roma, per la proiezione del primo film, il "film pilota" (come si usa chiamare).
Putipoti: studio per animaziond di camminata
Così, dopo aver terminato la lavorazione di questo film di "Arrivano i Putipoti" con il doppiaggio (con diversi attori milanesi, ma soprattutto Gianni Magni che allora era famosissimo perché faceva parte del gruppo dei "Gufi" (oggi quel gruppo non esiste più ma allora avevano molto successo in TV ed a teatro), gli effetti speciali, la colonna sonora - il maestro Alceo Guatelli aveva anche preparato la musica di un nuovo ballo che avremmo lanciato: "il ballo del Putipoti" ed avevamo anche studiato i movimenti ed i passi che i due ragazzi, unici interpreti umani del film, impararono subito; nel coretto di questa musica occorrevano delle voci di ragazzi ed io approfittai per far cantare anche due dei miei figli che accettarono con piacere. (inoltre, proprio in quel periodo, Guatelli aveva preparato anche la musica per il nostro fumetto musicale Clown - di Piercarpi-Peroni"Clown", del quale ho parlato in un'altra puntata).

Arrivò così il giorno dell'appuntamento alla Rai di Roma alla presenza di "C" ed un responsabile dei programmi per ragazzi. Dato che dovevamo andare a quell'incontro per una giornata, decidemmo di andarci (io, Dani e il produttore - che aveva con se la pellicola del film) in aereo. Appena ci sedemmo, vidi Dani che era tutto euforico perchè si divertiva a guardare fuori dal finestrino. Non capivo il perché di quell'euforia. Ma quando l'aereo si sollevò da terra vidi Dani sbiancarsi; era terrorizzato: era la sua prima volta in volo con l'aereo. Io cercai di farlo calmare e ci riuscii abbastanza bene, ma poco tempo dopo, quando passò la Hostess, Dani le chiese a quale altezza saremo stati e la hostess rispose che molto probabilmente in quel momento saremo stati intorno agli 8 mila metri di altezza dato che l'aereo stava già iniziando le manovre per la discesa ed aggiunse che prima avremo sicuramente superato i 10 mila metri. Dani diventò ancora più pallido ed io spiegai il motivo alla hostess che gli portò subito qualcosa da bere per farlo calmare.
Il... cavallo pazzo della Rai
Arrivati presso la sede della Rai, dicemmo ai commessi che avevamo un appuntamento e ci dissero in quale stanza dovevamo andare. Trovata quella stanza, la porta era aperta e pensammo di entrare. Io mi sedetti alla poltroncina della scrivania centrale e recitai per un attimo la parte del "dirigente Rai". Ovviamente era un semplice scherzo, ma in quel momento entrò "C" che mi guardò con uno sguardo che mi fulminava e mi disse che non ero autorizzato a sedermi su quella poltroncina. Io pensavo che "C" stava scherzando e finsi di stare allo scherzo, ma lui era serio: non stava scherzando per niente e mi fece sedere subito da un'altra parte facendomi anche la ramanzina dicendo che se eravamo andati lì per scherzare era meglio che ce ne andassimo subito. Il produttore, che fino a quel momento era stato zitto, cercò di spiegare che, essendo due amici, era logico che io avessi fatto un piccolo scherzetto; ma "C" se la prese anche con lui chiamandolo "signor milanese" (il produttore aveva un forte accento milanese, ma questo non giustificava che venisse trattato così). Non sono mai riuscito a capire che cosa fosse successo a "C": da amiconi quali eravamo, ora non lo riconoscevo proprio. Pensai che i casi erano due: o si era montato la testa essendo diventato dirigente della Rai, oppure quel giorno doveva aver avuto qualche grana con i suoi superiori. Fatto sta che, molto freddamente, ci accompagnò in una saletta per le proiezioni: non quella "ufficiale", ma una piccola e scarna che si trovava proprio lì vicino. Chiamò un tizio (che non ci presentò nemmeno) e diede ordine di iniziare la proiezione.
Noi assistemmo in silenzio per tutta la durata e quando il "film pilota" di "Arrivano i Putipoti" finì, si accesero le luci e scoprimmo che nel frattempo "C" se ne era andato. Il tizio ci invitò ad uscire e ci disse che ci avrebbero fatto sapere qualcosa.
Ce ne andammo via molto avviliti, anche perchè non ci era stato dato il modo di commentare il nostro film o almeno avere un minimo dialogo: niente.
Qualche giorno dopo, il produttore della Slogan Film, da Milano, telefonò a "C" per chiedere informazioni sul nostro film. "C" disse che non se ne faceva più niente. Ovviamente il produttore cercò di saperne di più e "C" disse che il mio comportamento lo aveva indispettito e quindi il film era stato bocciato. Non ci fu nemmeno una possibilità di chiedere scusa o comunque di spiegarci, la decisione ormai l'aveva presa: niente Putipoti!

Putipoti
PutipotiIo fui doppiamente avvilito: il film (del quale avevamo già preparato anche diverso materiale per l'intera serie) era stato chiuso, ma soprattutto ero dispiaciuto per il comportamento del mio "ex" amico. Chi legge spesso questo mio PeroBlog penso si sarà accorto che io credo moltissimo nell'amicizia e quel gesto incomprensibile mi fece molto male. Ma non solo: da allora divenni un pochino più diffidente verso gli amici che non vedo da un po' di tempo poiché non so mai per certo se sono rimasti gli stessi oppure sono cambiati. Purtroppo devo dire che (per fortuna poche volte) mi è capitato di avere a che fare anche con alcuni altri "pseudo amici" ed ogni volta ci rimango male, molto male.

 Nota finale: come si sarà notato, non ho scritto il nome di "quel" tizio della Rai; il motivo è abbastanza semplice: per quello che mi riguarda non ho voluto saperne più di lui e ritengo non valga nemmeno la pena di nominarlo.
Come? Questo è un finale amaro? Forse sì, ma dico solo che in mancanza di quell'ex amico, ora ho una montagna di amici, soprattutto di amici che, pur passando il tempo, rimangono sempre gli stessi. E questo non è poco.
Un'ultima annotazione: dato che, dopo il rifiuto inspiegabile da parte della Rai, il produttore si era dato da fare (senza riuscirci) per tentare di trovare altri utilizzi di questo film, arrivò - non si sa come - presso il Festival della Fantascienza di Trieste. Leggemmo poi dai giornali che il nostro film "Arrivano i Putipoti" aveva vinto un premio speciale. Beh, non ci guadagammo nulla in denaro, ma in soddisfazioni sì!
Unico rammarico: non sono riuscito ad avere una copia di quel film. Sono andato anche al laboratorio di sviluppo e stampa dove era stato elaborato, ma mi dissero che loro avevano distrutto tutto. Inoltre nel frattempo la "Slogan Film" aveva chiuso i battenti, quindi non c'era più nessuna speranza. Non sono riuscito a trovare nemmeno delle "foto di scena" che erano state fatte durante la lavorazione del film. Beh, il ricordo, anche se un po' amaro, mi è rimasto, almeno quello...

Stavolta c'è anche una seconda nota finale: probabilmente qualcuno commenterà che allora non tutti i lavori che ho fatto sono andati in porto. Esatto. Ma occorre sapere che purtroppo nel nostro settore (come in molti altri simili) può capitare, purtroppo, che qualche lavoro non vada a buon termine; questo non significa che poi uno si avvilisce e smette di disegnare, tutt'altro: la voglia di fare ancora di più e meglio è talmente forte che l'entusiasmo poi arriva ancora più forte, se non altro per dimostrare a quelli che avevano "bocciato" dei lavori che si sono persi una buona occasione...

(55 Segue)

 

Postato da: Perogatt a maggio 19, 2006 00:38 | link | commenti (6)
arrivano i putipoti

mercoledì, 10 maggio 2006
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (54)

Io e la seconda guerra mondiale

Senigallia - colline: durante la guerra noi ci eravamo trasferiti da quelle parti, quelle che si vedono in primo piano Durante la seconda guerra mondiale io e i miei genitori, come del resto moltissima gente, dovemmo scappare dalla città, poiché i bombardamenti erano diventati all'ordine del giorno (e della notte...) e ci recammo in campagna a diversi chilometri da Senigallia, ospitati (a pagamento - piuttosto salato) da una famiglia di contadini.
Mio fratello mancava ormai da molto tempo e non sapevamo nulla di lui, poiché le lettere che gli scrivevamo presso l'ultimo indirizzo che avevamo, ci tornavano regolarmente indietro.
La vita lì, in campagna, era dura poiché avevamo pochi soldi e non era facile trovare da mangiare, quindi io mi arrangiavo facendo il "bottaio" (aggiustatore di botti) e l'aggiustatore di brocche di terracotta: con i miei attrezzi (fatti quasi tutti da me) giravo per le varie cascine chiedendo se avevano qualcosa da aggiustare e trovavo spesso dei lavori che mi venivano pagati piuttosto bene, ma io preferivo quasi sempre essere pagato con qualcosa da mangiare.
Mio padre si era portato dietro la sua valigetta con il necessario per tagliare i capelli e fare la barba, così anche lui girava per le case chiedendo se avessero avuto bisogno del barbiere e quasi tutti lo facevano lavorare poiché il barbiere del luogo si trovava molto lontano. Così riuscivamo a tirare avanti abbastanza bene e raggranellare un bel mucchio di soldi.
Ma dopo un po', anche lì stava arrivando la guerra: i tedeschi indietreggiavano e stavano arrivando gli americani. Arrivando anche molte bombe lanciate dai carri armati americani e tutti i contadini della casa dove ci trovavamo scapparono lasciandoci soli.
Il rumore delle bombe era sempre più vicino e ad un certo punto noi tre decidemmo di scappare anche noi e ci dirigemmo verso una cascina che confinava con il campo dei contadini dove eravamo alloggiati noi. Mentre correvamo sentivamo fischiare vicino alle orecchie le pallottole dei mitra, ma non ci facevamo nemmeno tanto caso: scappavamo e basta. 
Sturmtruppen di Bonvi Ad un certo punto ci trovammo di fronte ad una buca dove dentro c'erano dei soldati tedeschi, con i mitra puntati in avanti, che ci guardarono meravigliati, come se avessero visto dei fantasmi, noi saltammo letteralmente sopra le loro teste e proseguimmo la nostra corsa pazzesca.
Riuscimmo così - indenni per miracolo - a raggiungere quella cascina. Lì dentro c'era molta gente: molte altre persone avevano avuto la stessa nostra idea.
Ma le bombe aumentavano e qualcuna raggiunse una parte della cascina. Ci furono urla di spavento e tutti erano in preda al terrore e non sapevano più che cosa fare. Ad un tratto io gridai e dissi a tutti di seguirmi e mi diressi verso un'altra ala della cascina; tutti stranamente mi seguirono.
 
Poi arrivarono molte bombe proprio nei locali dove pochi minuti prima c'eravamo noi: eravamo salvi per un pelo. Tutti si rivolgevano a me per chiedermi che cosa si doveva fare. Io dissi di tacere e notai che sembrava che il bombardamento avesse avuto un momento di tregua. Così chiesi a mio padre se riusciva a trovare qualche stoffa bianca e qualche bastone; qualcuno strappò delle lenzuola, così poco dopo noi due avevamo un qualcosa che somigliava vagamente a delle bandiere. Aprimmo piano piano la porta e facemmo sporgere le nostre "bandiere bianche ".
Arrivano gli americani Visto che c'era ancora silenzio, io e mio padre uscimmo fuori, sempre sbandierando le nostre bandiere bianche. Ad un certo punto vedemmo che si stavano avvicinando, con in mano dei mitra, dei militari vestiti in maniera diversa da quella dei tedeschi ed immaginammo che forse erano gli americani. Infatti, questi si avvicinarono a noi due ed uno che conosceva qualche parola di italiano ci disse che loro erano americani e ci chiesero in quale stanza di quella casa fossero nascosti i tedeschi. Noi rispondemmo che lì dentro di tedeschi non ce n'erano assolutamente mai stati. Loro entrarono cauti e, dopo aver esaminato attentamente tutta la cascina e convinti che effettivamente di tedeschi lì non ce n'erano, ci dissero che avevano bombardato quella cascina perché avevano ricevuto delle informazioni che indicavano che proprio lì dentro avrebbe dovuto esserci un comando tedesco. Ci dissero che per fortuna noi (io e mio padre) avevamo sventolato quelle bandiere bianche, altrimenti avevano ricevuto ordine di abbattere completamente la cascina!
Gli americani chi chiesero poi se avevamo fame e solo allora ci accorgemmo che erano ormai diversi giorni che nessuno di noi aveva mangiato. Quindi quei soldati si dettero subito da fare per portarci della pastasciutta che avevano preparato in precedenza apposta per noi; ma, non avendo pentole, avevano usato una tanica della benzina e fatta bollire l'acqua sopra un bidone con dentro della nafta. Quella pastasciutta aveva un aspetto poco raccomandabile, ma in quel momento ci interessava molto di più la possibilità di mangiare. Così noi tutti ci demmo da fare per cercare in mezzo alle macerie dei piatti, magari anche un po' rotti, e ci facemmo versare lì la pasta che mangiammo con le mani (le posate non riuscivamo a trovarle). Beh, devo dire che quella mi era sembrata la pastasciutta migliore della mia vita. Che cosa fa fare la vera fame!...
Quindi notammo che, contrariamente ai soldati tedeschi che avevano le divise sporche e logore, loro invece le avevano tutte belle pulite e stirate; molti di loro avevano anche i guanti, anche quelli molto belli, eleganti. La cosa ci colpì molto: ma com'erano diversi dai tedeschi! E pensare che i fascisti ci avevano avvertiti che se per caso fossero arrivati gli americani, quelli erano delle "bestie feroci"...
Senigallia - panorama - il fiume Misa con i ponti, ora ricostruitiI soldati americani, poi seguitavano ad avanzare e tutti noi facemmo ritorno presso le cascine dove ci trovavamo. Scoprimmo che quella dove io e i miei genitori eravamo ospitati era rimasta intatta.
Ma il giorno dopo, mia madre disse che era preoccupata perché temeva che la nostra casa in città fosse andata distrutta dalle bombe, quindi aveva deciso di andare a controllare subito di persona. Mio padre cercò di convincerla che non c'era fretta, ma lei ormai era decisa. Mio padre disse che lui preferiva rimanere ancora lì qualche giorno per cercare di guadagnare dei soldi facendo il barbiere per gli americani (cosa che poi effettivamente fece e guadagnò anche molti dollari). Io non me la sentii di lasciar andare mia madre da sola, così l'accompagnai. Dovevamo percorrere molti chilometri a piedi ed attraversammo diversi campi per tagliare la strada ed abbreviare almeno un po' il percorso. Ma ogni tanto riprendevamo la strada, più che altro per evitare di perderci. Ad un certo punto vedemmo che un lungo tratto di strada di fronte a noi era completamente ricoperta da dei rami. Non so spiegarmi il perché, ma la cosa non mi convinceva e convinsi mia madre ad eseguire una deviazione imboccando dei piccoli sentieri. (sapemmo in seguito che proprio in quel punto i tedeschi, prima di andarsene, avevano nascosto moltissime mine)
Dopo diverse ore di cammino arrivammo in vista della città. Per entrare dovevamo attraversare un ponte, ma questo era stato distrutto e ricostruito in qualche modo dagli americani. Ci dirigemmo verso quella specie di ponte metallico quando un tizio in borghese, con un fazzoletto al collo ed un fucile in mano ci fermò e poi ci osservò bene e ci riconobbe: era un amico di mio fratello. Gli chiesi che cosa stava facendo e lui mi rispose che era un partigiano. Così ci lasciò passare.
Andando avanti vedemmo molte case distrutte, molte macerie e ad un certo punto fummo nei pressi della nostra casa: era completamente intatta! Mia madre si mise ad urlare di gioia e corse verso casa mentre io facevo fatica a starle dietro. Infatti, mentre quasi tutte le case attorno erano distrutte o semi-distrutte, la nostra era ancora come l'avevamo lasciata, anche i vetri erano intatti poiché, prima di partire, ci avevamo incollato sopra delle strisce diagonali di carta: in questo modo eravamo riusciti a proteggerli dagli spostamenti d'aria causati dalle bombe.
Americani - Tende da campo Qualche giorno dopo arrivò mio padre: era così felice come non l'avevo mai visto. Ci disse che aveva lavorato girando per i vari campi dei soldati americani ed aveva guadagnato moltissimo! Erano dollari, molti dollari. Con i dollari ci si poteva comprare di tutto, solo che... pochissimi negozi avevano timidamente riaperto e dentro c'era poca roba: solo quella che i proprietari avevano messo da parte. Ma riuscivamo ugualmente a trovare molta roba da mangiare.
Mio padre era andato a vedere il suo negozio di barbiere e tornò felice. Mia madre gli disse "Allora è stato salvato anche il negozio!" E mio padre: "No, sono contento perché è stato completamente distrutto!..." In quel modo poteva finalmente dire addio alla sua schiavitù del negozio che aveva tanto odiato.
Ma... bisognava pur vivere e lui pensava che poteva andare avanti a guadagnare molti soldi girando presso i vari campi degli americani. Devo dire che mio padre era proprio un bravo barbiere e gli americani si servivano molto volentieri da lui.
Io feci amicizia con alcuni soldati americani che mi fecero vedere i loro fumetti: erano l'edizione americana della domenica a fumetti allegati ai quotidiani, ma per i militari ne avevano preparato una edizione ridotta, in formato piccolo (giornali che poi, prima di partire, mi regalarono). Bringing up father: ArcibaldoMio Mao - FelixCosì scoprii diversi personaggi, alcuni molto belli, che non avevo mai visto, ma anche il personaggio che sul Corriere dei Piccoli avevano chiamato Arcibaldo e che in inglese si chiamava in un modo completamente diverso. Così pure per il gatto Mio Mao che in inglese era Felix. Oltre tutto avevo notato che nella versione americana, quei personaggi parlavano con i fumetti e non con le didascalie sotto con le rime: questa per me fu una scoperta. Ma una scoperta maggiore era quella che da piccoli ci avevano fatto credere che quei personaggi fossero italiani!
Un soldato americano, poi, visto che ero appassionato di fumetti, mi regalò alcuni di quei piccoli giornali che per me erano dei veri "tesori": mi avevano fatto scoprire che esisteva anche un altro mondo nel settore dei fumetti. Quel soldato (mi ricordo che si chiamava Stephen) e mi regalò anche una piccola pala da militari che serviva per scavare trincee: non ne avevo mai viste fatte in quel modo.
Ma dopo qualche tempo quei campi furono chiusi perché avevano ricevuto ordine di trasferirsi più verso il nord.
Però poco dopo arrivarono altri soldati alleati, ma polacchi. Non erano generosi come gli americani, ma pagavano ugualmente in dollari. Così mio padre andava in giro per i campi dicendo ad alta voce: BARBER SHOP"Barber, Frisier!" (Barbiere in inglese e in polacco: ma sulla dicitura in polacco non sono certo che si scriva proprio così...). Quindi arrivarono soldati anche di altre nazioni ed infine gli inglesi. Con questi ultimi facevamo molta fatica ad affiatarci. Evidentemente il carattere degli inglesi combaciava poco con il nostro, fatto sta sche non eravamo riusciti a fare amicizia con nessuno di loro.
Quando vide che i campi seguitavano a diminuire, pensò che era costretto - purtroppo - a rimettersi a fare il barbiere in città. Ma ora che il negozio era distrutto, riuscì a rimediare alcuni oggetti del negozio come alcuni specchi (uno si era crepato, ma io ci avevo disegnato delle rose per mascherare l'incrinatura...) ed altre poche cose che mise nell'ingresso della nostra casa (che era piuttosto grande). Insomma, riuscì a creare una specie di "negozio casalingo"... Infatti, da una parte c'era la cucina e dall'altra le camere e i bagni. Così io, per entrare in casa, ero costretto a passare davanti a mio padre che stava lavorando; i clienti ormai mi conoscevano e mi salutavano ed alcuni, sapendo che mi piaceva disegnare, mi chiedevano di far vedere loro i miei disegni che io mostravo con piacere. Qualcuno mi dava dei consigli, altri mi incoraggiavano, insomma tutti mi spingevano ad andare avanti a migliorare sempre di più. All'inizio la cosa mi disturbava un po', ma poi scoprii che in quel modo avevo modo di stare molto di più a contatto con la gente ed imparai anche che mio padre, oltre che essere un bravo barbiere, era un po' anche una specie di "psicanalista": i suoi clienti spesso si confidavano con lui e mio padre sapeva dare un consiglio a tutti. Mi accorsi anche che alcuni venivano non tanto per farsi tagliare i capelli o farsi fare la barba, ma per poter parlare con lui. Così la figura di mio padre, per me fu ancora maggiore e lo apprezzai ancora molto di più.
Senigallia - i portici : dove abitavo io
Ma il fatto di lavorare in casa comportava anche degli inconvenienti, come quello che mio padre non aveva più orari: i clienti arrivavano a qualsiasi ora, anche quando era ora di pranzare. Spesso mio padre si lamentava, ma non era capace di dire di no: magari poi non sarebbero più tornati... Quindi a volte incaricava mia madre o mia nuora (che viveva con noi e mio fratello che nel frattempo era tornato dalla prigionia e si era sposato) ad andare a rispondere quando qualcuno suonava in orari non adatti. Una volta eravamo già pronti per andare a tavola quando si sentì suonare il campanello; mio padre fece appena in tempo a nascondersi nel corridoio e mandò mio nuora ad aprire. Lei disse che il barbiere non c'era. Ma il cliente osservò dentro e vide da uno specchio mio padre che era nascosto nel corridoio. Quel tizio, indicando mio padre, disse: "Ma come non c'è, e quello allora chi è?" Ormai mio padre, vistosi scoperto, non poteva far altro che sbucare fuori facendo finta che aveva tentato di fargli uno... scherzo e gli disse: "Non ci sei cascato, eh? Eh, tu sei troppo furbo, è difficile farti gli scherzi!". Quello si mise a ridere, ma mia nuora divenne tutta rossa dalla vergogna e dalla rabbia; da quella volta non volle più rispondere alla porta.
Piano piano i guadagni erano sempre più scarsi; non erano molti i clienti che preferivano salire due rampe di scale per entrare in una specie di negozio quando in città altri negozi di barbiere erano di nuovo attivi e rimasti intatti. Allora io ebbi un'idea: misi diversi cartelli (disegnati in maniera un po' comica e colorati) nei pressi della nostra casa che indicavano in maniera divertente che lì c'era il Barbiere, ma lo scrissi anche in inglese e in polacco. Così poco dopo furono molti i militari che salirono per servirsi da mio padre perché si era sparsa la voce che quello era un bravo barbiere. Beh, tornarono a vedersi i dollari...
Pane all'americanaPoco tempo dopo erano arrivati i militari
italiani che misero su una speciale grande tenda proprio nel cortile accanto alla nostra casa: lì avevano preparato un forno da campo e cocevano il pane per i militari americani, polacchi, inglesi, indiani e di altre nazionalità. Io mi offersi di dare loro una mano ed accettarono molto volentieri. Io avevo aiutato spesso mia madre a preparare il pane per noi, ma lì imparai a preparare il pane in un altro modo: gli americani lo preferivano bianco e molto morbido, così si preparava un impasto quasi liquido che si versava dentro diverse forme che poi venivano messe dentro al forno. Una volta cotto, il pane veniva tolto dalle forme e si otteneva del pane "squadrato", cioè più o meno come il pane dei tost, solo che quello era molto più grande. In cambio mi regalavano il pane per tutti i giorni (anche se non era il pane che piaceva a noi, era pur sempre pane) e poi diversi barattoli giganti di margarina. A quei tempi noi non conoscevamo ancora la margarina e scoprimmo che, non riuscendo a trovare il burro nei negozi, quella lo sostituiva bene. E poi mi regalavano dei bidoni con dentro la pancetta: anche quella noi non la conoscevamo preparata in quel modo e scoprimmo un nuovo modo di fare da mangiare, ma... quando finalmente nei negozi cominciarono a tornare i prodotti tradizionali, anche noi tornammo a mangiare nella nostra maniera classica: scoprii che gli americani erano bravi a fare i fumetti, ma per quanto riguarda il mangiare era molto meglio il nostro!

(54 Segue)

Postato da: Perogatt a maggio 10, 2006 00:42 | link | commenti (12)
seconda guerra mondiale

giovedì, 04 maggio 2006
ANEDDOTERIA PEROFUMETTOSA (53)

Mio padre ed io

una zona caratteristica di Senigallia: il Foro Annonario dedicato al mercato normale ed al mercato del pesce e la Rocca dei Duchi della Rovere, un antico e classico castelloMio padre era un disegnatore, un giornalista, uno scrittore, un musicista o... un barbiere? Mio padre da giovane avrebbe voluto fare il disegnatore o il giornalista oppure il musicista, ma...

I miei genitori erano di origine romagnola, ma abitavano a Senigallia, sull'Adriatico ed io nacqui lì.
A me Senigallia piaceva, ma
diventato giovane
avevo notato che c'era qualcosa nel carattere della gente che non combaciava con il mio modo di vedere: "Io sono estroverso, sempre entusiasta, molto attivo, creativo, intraprendente, ma quasi tutti gli altri sono esattamente il contrario...." Mio padre mi diceva sempre che il motivo era dovuto anche al fatto che anche io avevo una parte di "sangue romagnolo" e di conseguenza lui mi capiva: i romagnoli hanno un carattere piuttosto diverso da quello dei marchigiani, non dico se nel bene o nel male, fatto sta che erano (o sono?) diversi.
Anche lui a volte si trovava ad avere a che fare con il gusto di fare molti scherzi, ma solo pochi suoi amici condividevano questa sua maniera di divertirsi...
Devo dire che io da giovane volevo fare i fumetti, però in famiglia mio padre è stato l'unico che non mi ha ostacolato, anzi mi ha aiutato nella mia scelta (altrimenti avrei dovuto fare il bancario come mio fratello...) e, visto che lì non era possibile realizzare il mio sogno, occorreva che mi trasferissi a Milano e lui mi aiutò, con molta fatica, a convincere mia madre e mio fratello della mia "strana" scelta: a quei tempi fare i fumetti voleva dire "fare i pupazzini" e solo gli illusi potevano pensare di poter sopravvivere con quel sistema; e poi, secondo loro, quello non era un vero mestiere.
Gramo GramelloniI primi tempi mi aveva anche aiutato a studiare un personaggio, "Gramo Gramelloni": un tipo piccoletto e un po' timido ma che, quando gli cadeva qualcosa in testa, come ad esempio un libro dallo scaffale della libreria, gli veniva in testa un grosso bernoccolo: il "bernoccolo delle IDEE" e sbucava fuori un piccolo "genio" (il "genio del bernoccolo") che gli dava una mano a suggerirgli cosa doveva fare per realizzare qualsiasi cosa. Mio padre mi scrisse anche i soggetti per quel personaggio che poi pubblicai su "Capitan Walter", un albo
settimanale del Vittorioso. Ad esempio, una volta Gramo Gramelloni aveva costruito una "macchina della verità" (che gli era servita per scoprire se la sua cameriera diceva la verità), un impianto di televisione a circuito chiuso (proprio così: non esisteva ancora, ma mio padre lo aveva immaginato ed io lo avevo realizzato...) ed altri strani oggetti; poi scoprii che molti di questi furono realizzati davvero anni dopo...

Ma andiamo per ordine.
Da piccolo mio padre era un tipo particolare; era molto vivace e gli piaceva fare gli scherzi: molto probabilmente io ho preso da lui molte sue caratteristiche come disegnare e scrivere, amare molto la musica, ma anche il gusto di fare degli scherzi...
Mosche bianche...Quando era piccolo andava a scuola ed aveva notato che il maestro soleva dire spesso di qualche cosa che "è rara come le mosche bianche". Bene, mio padre non ci pensò su due volte: il giorno dopo si presentò in classe con una strana scatoletta... Appena il maestro disse la sua frase preferita "è raro come le mosche bianche" mio padre aprì la sua scatoletta e molte mosche bianche uscirono e si misero a volare per la classe, con grande divertimento dei suoi compagni e lo sguardo severo del maestro. Come mai quelle mosche erano "bianche"? Semplice: mio padre aveva messo nella scatoletta molta farina, ed allora...
I miei nonni lo obbligavano ogni tanto ad andare a pranzo da una sua zia che gli era molto antipatica. Una volta pensò di preparare uno scherzo da fare a sua zia; si era portato dietro di nascosto "qualcosa"... Sapeva che sua zia aveva un terrore pazzesco per i topi e ad un certo punto del pranzo lui tirò fuori dalla tasca la "cosa" che aveva portato di nascosto: un piccolo topo (che aveva catturato poco prima) e, proprio mentre tutti si apprestavano a fare il brindisi, mio padre mise il topo proprio nel bicchiere di sua zia. Si può immaginare la paura della zia che quasi sveniva ed il rimprovero da parte dei suoi genitori. So solo che da quel giorno sua zia non ha più voluto frequentarli.
Mio padre era felice: così non era più costretto ad annoiarsi con i discorsi che faceva sempre su argomenti noiosissimi, tipo il racconto di libri brutti e penosi che lei aveva letto.
Negozio Barbiere
Però... mio padre fu punito: da quel giorno mio nonno decise che nel tempo libero avrebbe dovuto andare nel suo negozio (di barbiere) a fare le pulizie.
Una volta mio nonno, visto che a mio padre non piaceva stare nel negozio di barbiere, gli trovò un lavoro come commesso presso il negozio di un suo conoscente orologiaio. Ovviamente mio padre era ugualmente insofferente e sbuffava sempre. Inoltre alcuni suoi compagni ogni tanto entravano nel negozio solo per prenderlo in giro. Mio padre sopportò per qualche volta, ma un giorno si arrabbiò e quando questi compagni erano davanti al bancone e stavano facendogli le boccacce, lui si sporse improvvisamente in avanti per riuscire a prenderli. Beh, uno lo prese, ma... con quel movimento aveva fatto andare in avanti il bancone facendo cadere tutti gli orologi che c'erano sopra; inutile dire che gli orologi si erano rotti tutti...
Quando l'orologiaio lo disse a mio nonno, pretendendo il rimborso degli orologi rotti, mio padre chiese scusa e promise che da quella volta sarebbe tornato buono, buono nel negozio di barbiere.
Senigallia - la spiaggiaCosì mio padre, osservando mio nonno, piano piano imparò il mestiere di barbiere, ma questo non toglieva che lui voleva anche divertirsi almeno un po'...
Perciò si era messo d'accordo con un gruppo di suoi amici ed avevano sparso la voce che esisteva un tesoro nascosto proprio in mezzo alla spiaggia ma in una zona piuttosto lontana dalla città, dove a quei tempi non c'era la spiaggia che c'è oggi: allora c'erano solo molte collinette di sabbia e piccoli cespugli.
Così una notte mio padre ed i suoi amici si misero a seguire di nascosto un gruppo di persone che si avviavano verso la spiaggia, muniti di picconi e pale, proprio verso il punto indicato dove avrebbe dovuto esserci il "tesoro".
Arrivati nel punto indicato, quelli si misero a scavare. Ad un certo punto sentirono un rumore sordo: evidentemente avevano trovato il tesoro! Andarono avanti a scavare e ad un certo punto trovarono una specie di piccola grotta costruita in cemento con una piccola porta e con una piccolissima apertura su un lato. Entrarono curiosi pensando che allora quel tesoro doveva trovarsi proprio lì dentro. Ma ad un certo punto sentirono delle urla. Era il proprietario di quel "coso": si trattava di un nascondiglio che quel tizio aveva costruito per dare la caccia agli uccelli senza essere visto. Questo tizio era arrivato con un fucile e pensava che quelli volessero demolire il suo rifugio, così li minacciò di sparare loro se non se ne andavano in fretta. Ovviamente, scapparono tutti velocissimi. Lungo il tragitto incontrarono mio padre con i suoi amici che chiedevano loro com'era andata la "caccia" al tesoro. Quelli capirono allora di essere cascati in uno scherzo e non risposero nemmeno proseguendo la loro corsa. Il giorno dopo tutta la città sapeva di questo fatto e quelle persone erano additate come "quelli del tesoro fasullo".
Barber Shop
Da grande mio padre, nonostante le sue proteste, fu costretto da mio nonno a fare il barbiere. A quei tempi c'era una usanza: il primogenito avrebbe dovuto proseguire il lavoro del padre: il barbiere. Quindi mio padre, essendo il più grande di tre fratelli, non poté rifiutare.
Lo so, al giorno d'oggi chiunque si sarebbe rifiutato e basta, ma si parla di tempi molto lontani dove il padre aveva il potere di decidere sul futuro dei figli. Così mio padre fece il barbiere, praticamente per tutta la vita. Ma, dato che quel lavoro lo faceva malvolentieri, cercava almeno di divertirsi anche, a modo suo: facendo ogni tanto qualche scherzo...
Una volta entrò nel negozio un tizio molto elegante che ogni volta che veniva per farsi tagliare i capelli, dormiva per tutto il tempo e si svegliava solo quando mio padre gli diceva che il lavoro era fatto. Quella volta chiamò alcuni suoi amici che assistettero allo "scherzo" che mio padre stava preparando... Quando ebbe "terminato", come al solito disse: "Il signore è servito". Questi si svegliò e diede distrattamente un'occhiata allo specchio e vide, terrorizzato, che gli erano stati tagliati completamente i capelli di una metà della testa, mentre l'altra era rimasta intatta. Quel signore si infuriò e mio padre, con molta calma, gli disse che avrebbe dovuto tornare la prossima volta per farsi tagliare l'altra metà. Quello era talmente infuriato che andò a chiamare mio nonno per riferirgli quanto era accaduto e pensava che mio nonno avesse punito mio padre, invece, nel vederlo così conciato cominciò a ridere sonoramente. Penso che quella fosse stata una delle poche volte che mio nonno (che era sempre stato un tipo molto burbero) fece una bella risata. Così perdonò mio padre, ma raccomandandogli di non farlo più.
Un cliente a tiro...
Ma mio padre non mantenne quella promessa... Infatti qualche tempo dopo si mise d'accordo con un suo amico che aveva un negozio di macelleria accanto al negozio di barbiere di mio padre. Così, quando entrò un cliente nuovo che gli chiese di fargli la barba, mio padre lo fece accomodare sulla poltroncina e gli disse di attendere un attimo. Mio padre chiamò l'amico macellaio che si presentò con il suo grembiule tutto sporco di sangue. Mio padre disse al cliente che la barba gliel'avrebbe fatta il suo "garzone": il macellaio che si era presentato appunto come garzone del barbiere. Il tizio, nel vederlo così sporco di sangue, si alzò in piedi e con una scusa disse che ci aveva ripensato... e che la barba l'avrebbe fatta un'altra volta... Mentre quello usciva di corsa, mio padre ed il macellaio si misero a ridere come pazzi.
Mio padre aveva un garzone (che si chiamava Tonino, ma tutti lo chiamavano Toni) che era un sempliciotto: non era scemo, era solo un po' ingenuo e non era pronto alle battute, anzi non le capiva nemmeno. Insomma, era un po' la vittima di molte battute e molti scherzi... Io mi ricordo in particolare di uno scherzo che mio padre, assieme ad un suo amico, fece a Toni.
Sifone di seltzSifone di seltz
Un tempo si usavano molto nei bar, in alcuni negozi (ed a volte anche in casa) dei contenitori (grandi un po' più di una bottiglia di acqua da due litri) che servivano per servire ai clienti il "seltz", una bevanda a base di acqua, gas e forse qualche goccia di estratto di erbe aromatiche; bastava porre un bicchiere sotto una specie di beccuccio e premere una levetta situata dalla parte opposta ed il "seltz" usciva con molto rumore e molte bollicine. Non era un gran che, ma alla gente piaceva, quindi mio padre offriva volentieri questa bevanda ai clienti; una volta svuotati, quei contenitori (chiamati "sifoni") si portavano in un posto specializzato che li "ricaricavano".
Un giorno mio padre si accorse che due sifoni erano vuoti e chiese a Toni di andare a farli "ricaricare". Questi sifoni solitamente si tenevano dalla parte alta usando come appigli la levetta ed il beccuccio, per cui Toni si ritrovava mani occupate con i due sifoni. Mio padre chiese ad un suo amico che era presente, se poteva accompagnare Toni presso il posto dove ricaricavano quei contenitori: si trovava a pochi metri di distanza, ma l'amico si prestò molto volentieri a dargli un passaggio con la sua moto. Ovviamente mio padre si era messo d'accordo prima sullo scherzo da fare, quindi l'amico fece sedere dietro Toni che si trovava un po' in difficoltà dato che aveva i due sifoni ai lati, ma non protestò. Così i due partirono, però nella direzione opposta. Passò parecchio tempo e poi l'amico di mio padre tornò con la sua moto, proprio mentre c'era la madre di Toni che era venuta a prenderlo per accompagnarlo a casa. Ma mio padre le disse che suo figlio non c'era perché lo aveva mandato a far ricaricare i sifoni, ma erano passate molte ore e non si era ancora rivisto. A quel punto l'amico di mio padre, con un'aria "innocente" disse: "Cercate Toni? Ma io l'ho visto un'ora fa a venti chilometri da qui che camminava a piedi con due sifoni ai lati...". La madre di Toni era preoccupata, ma l'amico-complice disse di stare tranquilla: sarebbe andato lui a cercarlo.
Infatti molto più tardi i due tornarono e mio padre chiese a Toni i sifoni; accorgendosi che erano vuoti gli chiese come mai e Toni gli disse che dove era stato portato non c'era nessuno che ricaricava i sifoni di selz, per fortuna poi è venuto quel signore gentile a riprenderlo, altrimenti non sapeva a che ora sarebbe tornato...

ChitarraMandolinoMio padre, però, non pensava solo a fare degli scherzi, amava molto anche suonare, quindi nei momenti di calma, approfittava per suonare la chitarra o il mandolino o la mandola o altri strumenti, tutti a corda. A volte suonava dentro al negozio, altre volte sul marciapiede, seduto proprio davanti al negozio.
Io lo ascoltavo sempre molto volentieri e lui si rammaricava che non era mai riuscito ad insegnarmi a suonare almeno uno di quegli strumenti. Il fatto è che mi ero accorto che, per suonare la chitarra, mi sarebbero venuti i calli alle dita ed io non volevo perché temevo che poi quei calli mi impedissero di disegnare.
Una volta venne un cliente che si fermò e lo ascoltò per un po', quindi gli chiese se gli andava di suonare un po' assieme. Mio padre non l'aveva mai visto e non sapeva nemmeno se quel tizio sapesse suonare e gli disse "Va bene, proviamo". Mio padre scelse il mandolino e quel tizio la chitarra; così, pochi minuti dopo i due si misero a suonare. Io rimasi a bocca aperta e mi accorsi che i due stavano suonando veramente bene, sembrava che si conoscessero da una vita, invece era la prima volta che si incontravano. Diverse persone si avvicinarono per ascoltare e tutti rimasero estasiati nel sentire suonare così bene. I due suonarono diversi pezzi famosi, inframmezzati da molti applausi dei curiosi che si erano fermati ad ascoltare, ed alla fine quel tizio si alzò in piedi e disse che si era divertito molto, ma si era fatto tardi e doveva andare. Fece i complimenti a mio padre e disse che lui si chiamava Di Ceglie e che sperava di potersi incontrare ancora perché si era proprio divertito.
Qualche giorno dopo sentimmo alla radio che veniva annunciato un concerto del famoso chitarrista Di Ceglie. Mio padre si alzò in piedi e, quando lo sentì si accorse che quello era proprio il tizio che si era fermato con lui a suonare per puro divertimento!

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Postato da: Perogatt a maggio 04, 2006 00:47 | link | commenti (11)
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