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"Zitti e Mosca" era una trasmissione prodotta, anni fa, da mia figlia per il circuito "CinqueStelle" (mi sembra che ora non esista più) che veniva trasmessa tutte le settimane dagli studi di Telenova di Milano che si collegava con moltissime emittenti sparse un po' in tutta Italia.
Quando
bisognava scegliere il titolo della trasmissione che, ovviamente,
parlava di calcio, e dato che sarebbe stata presentata da Maurizio Mosca, venne in mente contemporaneamente a mia figlia e me: possiamo chiamarla "Zitti e Mosca"!.
Quel
titolo piacque a tutti, compreso Mosca che di solito ha sempre da
ridire su tutto, critica tutto ed è sempre preoccupato che qualcosa non
funzioni.
Quando mia figlia in quel periodo faceva la produttrice di
trasmissioni televisive (produsse molte trasmissioni del mattino per le
donne e produsse anche "Slurpiamo", quella con il mio personaggio "Slurp",
trasmissione della quale ho già parlato in un'altra puntata di questo
PeroBlog) e, quando tutto fu pronto, organizzò, presso il Circolo della Stampa
di Milano, la conferenza stampa per l'annuncio della trasmissione, io
ero presente solo perché avevo realizzato la sigla animata della
trasmissione e la mascotte, una "mosca" (è ovvio...) che avevo chiamato "Zikko". Ad un certo punto, quando stava per iniziare la conferenza stampa, presentata da Maria Teresa Ruta, Mosca mi si avvicinò tutto trafelato e mi disse, anzi mi urlò: "Ha preparato i cubi?"
Io non avevo la minima idea di cosa volesse dire, ma sapevo anche che
Mosca era un tipo del tutto particolare e bisognava cercare di non
contraddirlo mai perché c'era sempre il rischio che, nonostante avesse
firmato il contratto, avrebbe anche potuto lasciare la trasmissione
immediatamente, anche prima di iniziare... Così, dopo un primo attimo di
smarrimento, gli dissi: "Certo, signor Mosca, è tutto pronto, anche i... cubi!"
Così,
mentre Mosca si allontanava tranquillo e stava per avviarsi verso il
tavolo della conferenza stampa, io mi avvicinai a mia figlia e le chiesi
velocemente sottovoce che cosa volevano dire i "cubi".
Mia figlia non riusciva a capire che cosa stessi chiedendo e, dopo
averle raccontato brevemente quanto era successo con Mosca e della
faccenda dei cubi, lei mi disse di non preoccuparmi e che avevo fatto
bene a dirgli che i cubi erano pronti: si trattava di una serie di
grossi cubi con incollate le facce di calciatori o allenatori famosi,
cubi che lui durante la trasmissione avrebbe usato salendo su una torre
(preparata all'ultimo minuto dagli scenografi) dalla quale gettava uno
dei due cubi che ogni volta metteva a confronto, scegliendo fra due
facce che erano raffigurate sui cubi stessi. Insomma, era un giochetto
che gli era venuto in mente la sera prima ed evidentemente aveva pensato
che io, avendo preparato la sigla e la mascotte, sicuramente sarei
stato anche il responsabile di quei "cubi"... Così il pericolo che Mosca
se ne andasse, lo avevo salvato io senza volerlo.
Beh, la prima trasmissione andò in onda ed era presente nella conduzione anche il famoso calciatore Antonio Cabrini.
Poco prima della trasmissione conobbi questo bravissimo calciatore;
bravissimo anche come persona: un individuo molto modesto, timido e
gentilissimo. Non sapevo se avrebbe retto all'irruenza di Mosca, così
gli diedi alcuni consigli su come comportarsi e lui mi ringraziò molto.
Infatti,
li mise tutti in pratica durante l'andamento della trasmissione. Mia
figlia ed i suoi soci erano terrorizzati perché avevano saputo che in
altre trasmissioni simili Mosca aveva minacciato tutti di andarsene (ed
alcune volte lo aveva fatto davvero, anche in diretta) e temeva sempre
il peggio. Io la rassicuravo, ma lei giustamente, anche perché era la
produttrice, non stava mai tranquilla. Ma nella trasmissione filò tutto
alla perfezione e, quando finalmente ci fu la sigla finale, mia figlia
diede un grosso sospiro di sollievo.
Così subito dopo andammo tutti
assieme in un vicino ristorante per la cena. Io mi sedetti in un posto
qualsiasi, un po' lontano dai giornalisti anche perché temevo che mi
facessero delle domande di tipo calcistico e, dato che io sono un tifoso
(molto alla leggera), ma completamente inesperto delle regole del
calcio, non volevo fare brutte figure. Ad un certo punto si avvicinò a
me Mosca e mi chiese se la sedia vicino era libera, alla mia risposta
affermativa si accomodò. Mi rivolse subito la parola e mi disse che era
rimasto molto soddisfatto della realizzazione dei "cubi". Io cercai di non contraddirlo ed approfittai per chiedergli se gli era piaciuta la mascotte Zikko e la sigla della trasmissione. Stavolta mi osservò meglio e mi disse: "Ma lei è il disegnatore Peroni! Allora è lei che ha fatto le animazioni della sigla, vero?"
Gli risposi ovviamente di sì e lui si complimentò perché gli era molto
piaciuta la sigla ma soprattutto la "mascotte": lui in un primo momento
aveva temuto che avessi fatto la sua caricatura, invece poi ha scoperto
che si trattava "solo" di una mosca, anche se un po' furbina...
Lui non amava le caricature e diceva che nessuno era mai riuscito a
fargli una caricatura giusta. E poi mi disse che lui se ne intendeva di
disegni anche perché suo padre disegnava. Io lo sapevo bene anche perché
moltissime sue vignette erano state pubblicate su vari giornali
umoristici e poi, durante la direzione del Corriere dei Piccoli, suo padre, Giovanni Mosca,
commentava anche lì con i suoi disegni (con uno stile
riconoscibilissimo: molto abbozzato ma efficace) alcuni articoli che
scriveva appositamente per i lettori. Durante la sua direzione il Corriere dei Piccoli
aveva assunto un aspetto un pochino diverso da quello che avevano fatto
i suoi predecessori, cioè era un pochino meno giornale per bambini e un
po' più giornale per bambini-adulti: aveva inserito diverse rubriche di
fatti veri. Insomma era diventato una specie di Corriere della Sera dei Piccoli.
A me piacevano alcune rubriche, ma ad essere sinceri alcune cose non mi
avevano convinto perché ero sempre rimasto affezionato alla "vecchia" impostazione del Corriere dei Piccoli
ed ogni trasformazione mi disturbava un po'. Ma, parlando con Maurizio
Mosca di suo padre, cercai di evitare di criticarlo. Lui invece lo
criticò subito: a lui non erano mai piaciuti i disegni che faceva suo
padre. Io gli chiesi se ne possedeva e lui mi disse di sì, li aveva
tutti quanti. Ad una mia timida domanda chiedendogli se per caso... gli
fosse stato possibile riuscire a farmi avere uno dei disegni originali
di suo padre, lui mi rispose di sì, ma mi chiese: "Ma che cosa se ne fa? Sono brutti!"
Io cercai di spiegargli che suo padre aveva uno stile del tutto
particolare e mi piacevano quei disegni proprio per la loro originalità.
(devo dire che quel disegno originale non lo ebbi mai: Mosca ogni volta
mi diceva che se ne era dimenticato...). Ma a quel punto Mosca divenne
serio e mi disse che lui non era andato mai tanto d'accordo con suo
padre, anche perché gli diceva sempre che lui era un incapace. Ora che
suo padre era scomparso, lui avrebbe voluto fargli vedere che, anche se a
suo modo, era diventato un bravo giornalista. Ma suo padre questo non
lo aveva mai saputo. Capii che avevo toccato un tasto un po' doloroso,
quindi cambiai discorso e gli chiesi cosa ne pensava di Cabrini.
Mosca mi rispose parlandomi delle qualità calcistiche di Cabrini, cioè
di quando faceva il calciatore ed io gli feci osservare che con la mia
domanda, intendevo che cosa ne pensava del Cabrini presentatore. Mi
disse che era soddisfattissimo. Per fortuna c'era Cabrini, altrimenti
con "quell'altro" sarebbe stato un disastro! "Quell'altro" significava Marino Bartoletti (il vero autore della trasmissione di "Quelli che il calcio",
anche se poi gli era sfuggita un po' di mano ed anzi, per discussioni
interne delle quali non ne so niente, alla fine lui non era più nemmeno
fra i presentatori della trasmissione: al posto di Fabio Fazio, ci fu Simona Ventura
che diede un'impronta completamente diversa alla trasmissione). Seppi
così che qualche giorno prima aveva litigato con Bartoletti e lui non lo
voleva nella sua trasmissione. Mia figlia si era data subito da fare
per cercare un sostituto e le venne in mente - per fortuna - Cabrini. Fu
una scelta giusta poiché piaceva a Mosca (anche perché Cabrini non era
un tipo invadente e ci andava molto d'accordo. A me era spiaciuto un po'
dato che conoscevo bene Bartoletti e mi sarebbe piaciuto che in "Zitti e Mosca" ci fosse stato lui a condurla assieme a Mosca.
Bartoletti io lo avevo conosciuto anni addietro, agli inizi degli anni '70, perché ero stato chiamato dal Conte Rognoni, il proprietario del giornale sportivo "Guerin Sportivo", per sostituire "Marino"
(non ricordo proprio qual era il suo cognome dato che tutti lo avevano
chiamato con il suo nome d'arte "Marino", con il quale firmava anche le
vignette), il bravissimo e noto disegnatore ufficiale di quel giornale
(che usciva il lunedì nello stesso formato dei quotidiani, anzi forse di
più: misurava cm. 43 x 59; stampato in nero con la testata "Guerin Sportivo"
in verde). Marino stava molto male ed aveva dato il permesso che
qualche disegnatore affidabile lo imitasse. Io feci velocemente qualche
prova che sottoposero a Marino e questi le approvò subito: lo avevo
imitato alla perfezione.
Così per molto tempo io andavo in redazione
tutte le domeniche pomeriggio e dovevo realizzare ultravelocemente le
vignette, tutte di formato gigante, cercando di inventare le battute in
base ai risultati delle partite appena concluse; le schizzavo e le
sottoponevo al Direttore (il Conte Rognoni) per l'approvazione;
qualche volta lui mi faceva fare qualche piccola modifica ma in genere
era molto soddisfatto. Così tornavo nella stanza che mi avevano
assegnato per realizzare i disegni originali con lo stile di Marino: uno
stile piuttosto difficile da imitare, ma c'ero riuscito abbastanza
bene. Il Conte Rognoni, prima di iniziare a lavorare con le
vignette, mi chiese per quale squadra io tifassi e gli risposi
timidamente che... in effetti io non ero proprio un tifoso: mio padre
era uno Juventino e di conseguenza io e mio fratello fummo Juventini
(mio fratello era molto più appassionato di me riguardo il calcio: io
invece lo seguivo molto poco). Quindi dissi al Conte che ero... Juventino. Lui mi disse "Bene, perché se lei era un milanista l'avrei mandato subito via!"
Insomma, il Conte Rognoni odiava il Milan (anche se non ho mai saputo
di preciso per quale motivo, ma sapevo che lui aveva appena acquistato
la squadra del "Cesena" che, anche grazie agli interventi
del Conte, subito dopo era riuscito ad arrivare in Serie A) e mi
spingeva a fare sempre, su tutti i numeri, vignette contro il Milan. A
me la cosa non andava tanto, ma... dato che lui era il Direttore (e
proprietario) mi rassegnai; oltre tutto, cosa da non dimenticare, per
quelle vignette mi pagavano piuttosto bene. Quindi mi specializzai nel
fare caricature dei giocatori del Milan, ma soprattutto di Gianni Rivera.
Devo dire che, per guadagnare tempo, il Direttore del giornale mi aveva
dato il permesso di preparare in studio alcune vignette che trattavano
argomenti generici, sempre di calcio, ma non di attualità molto stretta.
Così alla domenica arrivavo con alcune vignette già pronte, ma la
maggior parte dovevo farle al momento, appena terminate le partite e
saputi i risultati ed eventuali errori degli arbitri oppure discussioni
varie fra i giocatori, insomma tutto quello che si riusciva a sapere che
potesse dare degli spunti per creare delle vignette apposite sulle
partite principali della giornata con battute adeguate.
Nella stessa stanza che mi avevano affidato c'era anche un certo Marino Bartoletti... sì, proprio quello che, anni dopo avrebbe inventato e presentato la trasmissione "Quelli che il calcio".
Lui era stato molto gentile e comprensivo con me. Bartoletti era
impegnato, come me del resto, solo che lui doveva commentare con la
macchina da scrivere i risultati delle avarie partite appena concluse.
Tutto si operava con la massima velocità perché il giornale andava in
stampa pochissimo tempo dopo. Come già detto, io non sono mai stato un
esperto di calcio ed avevo accettato quell'incarico con molta
incoscienza (come al solito...) perché lì bisognava per forza essere
invece degli esperti... Per fortuna che confessai questa mia mancanza a
Bartoletti e lui mi aiutò sempre e mi diede una mano nei punti dove ero
insicuro; a volte, per esempio, non ricordavo che numero avessero alcuni
giocatori e lui prontamente me lo diceva; poi, dovevo fare velocemente
delle caricature di calciatori che non avevo mai visto, ma avevo a
disposizione una persona al mio servizio che, dietro mie richieste,
immediatamente riusciva a scartabellare nell'ampio archivio delle
redazione e mi faceva avere le foto dei calciatori richiesti. Io
sceglievo quelle che più si adattavano e mi mettevo a disegnare. Solo
che il "fotolitista" (cioè quello della tipografia - che era situata nel
palazzo accanto - incaricato di trasformare in "cliché", cioè
"fotolito", agendo con degli acidi speciali, otteneva il mio disegno
"completamente rovesciato" in modo che poi stampato diventava diritto)
mi aspettava dietro le spalle e mi faceva sempre fretta. Dato che, per
imitare lo stile di Marino, non potevo usare dei pennarelli, ma dovevo
usare l'inchiostro di china su una carta speciale (che aveva dei puntini
a rilievo che servivano per creare alla fine un effetto tipo "retino"
usando una matita dalla "mina grassa") che aveva anche la particolarità
che l'inchiostro asciugava molto lentamente; allora qualcuno mi procurò
un phon e, mentre io andavo avanti a disegnare le altre vignette, questi
cercava di asciugare i disegni e quando io li giudicavo pronti, il
fotolitista faceva poi delle corse pazzesca per riuscire a guadagnare
dei minuti preziosi. Insomma, il tutto era eseguito completamente di
corsa ed all'ora fissata, quasi per miracolo, tutto era pronto: il
giornale poteva andare in stampa ed io tornavo a casa con una delle
primissime copie stampate con l'inchiostro (stavolta quello della
stampa) ancora bagnato... Qualche giorno dopo il Conte Rognoni mi disse
che stava cercando con urgenza una segretaria affidabile. Io gli proposi
mia figlia e lui mi disse di portarla per fare un colloquio. Fu subito
assunta. Mia figlia era al suo primo lavoro: prima aveva frequentato
varie scuole, fra le quali anche la scuola del Piccolo Teatro di Milano diretta dal famosissimo Strehler. Aveva anche frequentato la Scuola del Cinema di Milano. Insomma, come attrice non era un gran ché... ma quelle esperienze le servirono molto nella vita: imparò anche a "recitare" sul lavoro. Insomma, con il Conte Rognoni "recitò"
così bene la sua parte che lui era convinto che quel lavoro lo avesse
fatto da sempre; insomma era molto soddisfatto di lei: era una brava
segretaria e soprattutto molto veloce, qualità questa che il Conte
apprezzava molto.
Qualche tempo dopo si seppe che il disegnatore "Marino"
era morto ed ora al giornale non sapevano come comportarsi: "Marino"
era una della colonne portanti del giornale (oltre al famoso giornalista
sportivo Gianni Brera che curava sempre una sua rubrica fissa -
veniva tutte le domeniche ma non parlava mai con nessuno di noi). Ed
ora? Io proposi al Conte Rognoni di proseguire io quelle vignette, ma
cambiando lo stile: stavolta con il mio e non imitando quello di Marino.
Lui era dubbioso, ma quando vide le mie prime vignette (quelle con il
mio stile) rimase entusiasta: non erano assolutamente inferiori a quelle
di Marino! Così i lettori seppero che, dopo la triste scomparsa del
vignettista Marino, aveva preso il suo posto Carlo Peroni, un
altro noto vignettista. Ma nessuno seppe mai che per oltre un anno
Marino non aveva più disegnato: le vignette che i lettori avevano visto
con la sua firma, in effetti erano mie...
Avevo
accennato al fatto delle vignette contro il Milan, vero? Beh, una volta
stavo per pagarla cara... Era il periodo in cui tutte le domeniche non
si poteva circolare con l'auto, salvo i servizi speciali e la stampa:
noi avevamo ricevuto uno speciale contrassegno di permesso per circolare
ed inoltre avevamo messo molto in grande la testata del "Guerin
Sportivo" sull'auto. Ho già detto - almeno mi sembra... - che
io non guido, (a proposito: quasi nessun disegnatore guida l'auto e non
si sa il motivo...) Così mi facevo accompagnare da mia moglie che,
approfittando dell'assenza completa (o quasi) delle auto in città,
approfittava per correre un po' di più anche perché io dovevo arrivare
molto presto in redazione. Ad un incrocio un vigile ci fischiò. Noi
mostrammo il permesso e lui vide che avevamo a che fare con il Guerin
Sportivo. Il vigile chiese che cosa facevamo di preciso in quel
giornale. Io gli risposi che facevo le vignette sul calcio. Il vigile
allora si infuriò e mi disse che avrebbe controllato tutta la macchina
per farci una bella multa, ma non trovando niente da... multare, mi fece
una ramanzina: "Se lei disegna ancora una vignetta contro il Milan, la prossima volta le faccio la multa!" Così arrivai un po' in ritardo in redazione. Ne parlai con il Conte Rognoni e lui mi disse di non lasciarmi influenzare: "Quello
è un milanista ed è ovvio che sia arrabbiato perchè loro non sanno
giocare! Quindi, la prossima volta che lo ferma gli faccia vedere una
vignetta che avrà fatto nel frattempo contro l'Inter, così almeno si
calma." Infatti, la domenica successiva, il vigile fischiò di
nuovo. Ma stavolta, appena ci fermammo, io fui più veloce di lui e gli
feci vedere una vignetta contro l'Inter che avevo già preparato e che
sarebbe stata stampata proprio in quel numero... Infatti ci lasciò
passare subito dicendo che avrebbe avvertito i sui colleghi, quindi
potevamo andare anche più veloci.
C'era un periodo in cui il Conter Rognoni mi aveva incaricato di fare qualche vignetta contro Gheddafi.
Io gli dissi che personalmente non avevo nulla da dire contro Gheddafi,
ma lui mi obbligò a preparare delle vignette in quel senso. Mi spiegò
che in quel periodo Gheddafi si stava comportando molto male contro
l'Italia e bisognava fare delle vignette contro di lui. Io dovetti
obbedire e feci quelle vignette, cercando di essere cattivo il meno
possibile. Comunque quelle vignette vennero stampate e con il mio nome.
Qualche giorno dopo ricevetti una telefonata da un individuo con un
accento chiaramente nordafricano (probabilmente libico) che mi disse: "Lei si è permesso di fare delle vignette contro Gheddafi" Io gli spiegai che non erano idea mia, ma dovevo farle perché me le aveva chieste il Direttore. Quel tizio mi disse allora: "Se
lei disegna ancora una vignetta con la caricatura di Gheddafi, si
ricordi che lei ha una famiglia... Quindi se non vuole guai non ne
faccia più." E
terminò la telefonata. Il giorno dopo ne parlai con il Conte Rognoni e
gli dissi che non me la sentivo più di fare quelle vignette contro
Gheddafi. Il Conte capì e mi disse che avrebbe sostituito l'argomento.
Così mi diede da fare delle vignette dove c'erano in ballo gli
Israeliani ed i Palestinesi... Mi trovai di nuovo a dover discutere...
Trovammo un compromesso: feci delle vignette dove non criticavo nessuno
dei due, cioè davo ragione ad entrambi. Quella volta non ricevetti
nessuna telefonata con minacce...
Qualche anno fa mi chiamarono per
far parte di una giuria per una mostra-concorso di vignette, a Milano,
che avevano come argomento lo sport. Appena arrivai alla mostra scoprii
che in effetti i giurati eravamo in due: io e... Gianni Rivera (che nel frattempo era diventato onorevole). Appena mi presentai, lui mi chiese: "Peroni?... Non sarà mica quello che faceva le vignette sul Guerin Sportivo?". Alla
mia risposta affermativa, lui mi disse che ormai aveva accettato di far
parte di quella giuria, ma si ricordava di come lo avevo "trattato" con
quelle vignette sul giornale... però non gli faceva piacere essere lì
con me. Io cercai di rassicurarlo: non ce l'avevo mai avuta con lui, il
mio era solo un lavoro... Ma Rivera non si convinse tanto e ci demmo
subito da fare per giudicare le vignette e scegliere le vincitrici. Poi
se ne andò subito, senza nemmeno salutarmi. A quel punto mi dissi che
forse avevo fatto bene a fare quelle vignette tanti anni prima: magari
se le era meritate...
(45 Segue)
Herr Peronen (d)
Realizzammo altri numeri del mensile "Sonny" ed altri del tascabile "Sonny Parade"
ed i nostri collaboratori riuscivano sempre meglio a scrivere le storie
e a disegnarle dato che di volta in volta capivano sempre meglio i vari
personaggi e il clima giusto per le storie.
Come avevo detto in un'altra puntata, il nostro pubblico era formato da ragazzi e giovani tedeschi e non, come per "Gianconiglio", sul Corriere dei Piccoli, che si rivolgeva ai bambini italiani; c'erano moltissime differenze fra i lettori italiani e quelli tedeschi:
in fatto di fumetti i tedeschi non hanno una tradizione come abbiamo
noi in Italia e di conseguenza molti fumetti che a loro piacciono molto,
sono più o meno sulla stessa linea di gusti di quelli che piacciono
agli italiani, mentre i pochi, pochissimi fumetti realizzati in Germania
da Autori tedeschi a noi non piacciono tanto; molti anni fa un Editore
(non ricordo chi era, aveva pensato di pubblicare in Italia dei
personaggi tedeschi: "Fuxy und Foxy" (Fuxi e Foxi - mi
sembra si scriva in questo modo) realizzati da un Autore bavarese
(almeno così mi avevano detto) che si chiamava Ralph Kauka
(almeno così ricordo...); in quel periodo era praticamente uno dei
pochi, se non l'unico, in Germania, che si era addentrato alla grande
nel mondo dei fumetti, solo che poi, dovendo produrre diversi albi di
quella serie, aveva dovuto rivolgersi a disegnatori italiani poichè in
Germania i disegnatori di fumetti, specialmente per il genere
umoristico,scarseggiano; per questa operazione aveva pubblicato su
diversi quotidiani italiani un disegno con i suoi personaggi con sotto
scritto "Chi sa disegnarmi?". Risposero
all'appello diversi disegnatori italiani e, per un certo periodo, anche
io mi ero cimentato in quel lavoro ed avevo realizzato (per conto di un
amico/collega che, dopo aver risposto all'annuncio ed accettato di
effettuare quella strana collaborazione, poi si era pentito...) diverse
storie di quei personaggi: molto stilizzati e molto schematici, che però
erano piuttosto lontani dai nostri gusti.
Comunque quei personaggi
ebbero per diverso tempo un certo successo in Germania, ma in Italia non
piacevano e la pubblicazione terminò dopo pochi numeri.
Faccio qui
una piccola annotazione. Nei fumetti tedeschi i dialoghi non sono
scritti in stampatello come da noi (e nella maggior parte del mondo) ma
usano molto spesso i caratteri da stampa dato che devono usare il "maiuscolo e il minucolo" poiché
nella lingua tedesca delle parole all'interno di una frase se sono
scritte in maiuscolo o in minuscolo cambiano totalmente il loro
significato; qualcuno aveva tentato di scrivere i testi a mano ma era un
lavoro molto laborioso e difficile, quindi quasi tutti i fumetti
tedeschi di quell'epoca sono scritti in quel modo; oggi, con l'avvento
dei computer, molto probabilmente avranno adottato anche loro il "lettering" simile al nostro ma usando il maiuscolo ed il minuscolo.
Ma ritorniamo all'avventura di "Sonny".
Le
vendite, dopo un periodo iniziale che erano altissime, cominciarono a
calare un po' e si erano assestate intorno alle 250 mila copie. Io ero
soddisfatto (poichè in Italia quella cifra per un periodico è piuttosto
buona) ma i direttori tedeschi lo erano molto meno perchè il
proprietario aveva previsto che "Sonny" avrebbe dovuto vendere almeno un milione di copie!
Io cercai di far capire che quella cifra era praticamente impossibile,
ma lui insisteva e pretese che aumentassero le varie pubblicità sui
giornali, ma le vendite aumentavano un po' e quindi, con i numeri
successivi, rimanevano sempre sulle 250.000 copie di media. Sapevo che
il proprietario non era molto soddisfatto di questi dati, ma viste le
insistenze del direttore del periodico, decise di far proseguire la
serie di "Sonny", sempre con la speranza che i lettori aumentassero.
Nel frattempo era nata (su licenza della Koralle Verlag e mia) anche un'altra edizione di "Sonny" per il Belgio in lingua fiamminga. Il titolo della testata era rimasta uguale a quella tedesca, "Sonny", il formato era praticamente lo stesso, la grafica pure, solo che all'interno il testo era scritto in stampatello a mano ed in una lingua per me completamente sconosciuta...
Ma
un giorno i giornali e telegiornali parlarono di una terribile notizia:
il figlio dell'Editore fu trovato morto su una panchina dei giardini di
Amburgo: si diceva che molto probabilmente si era trattato di una "overdose".
Il padre ne fu terribilmente sconvolto e lui aveva riposto proprio su
suo figlio tutte le sue speranze per la prosecuzione dell'Editrice (una
delle più grandi d'Europa).
Qualche giorno dopo ricevetti una telefonata dalla redazione di Amburgo della "Koralle Verlag" (creata dal proprietario del quotidiano "Bild")
dove mi dicevano che avevano ricevuto ordine di chiudere l'Editrice e
di conseguenza anche tutti i periodici che venivano curati da loro. Ma
contemporaneamente venivano chiuse anche molte altre Editrici che
facevano capo allo stesso proprietario. Il motivo era dovuto soprattutto
all'avvilimento del proprietario, dopo la tragica morte del figlio.
Così
dovetti realizzare in fretta le ultime storie in modo da completare
l'ultimo numero. Inutile dire che io ero molto avvilito e così pure
tutti coloro che lavoravano per la nostra ditta (erano diventati
veramente molti): nonostante i miei tentativi di un'altra possibilità di
proseguire con questo personaggio ed anche i miei inutili tentativi di
cercare di vedere se fosse stato possibile portare avanti io il
periodico, ma la risposta fu "quasi" negativa; ho detto "quasi" nel senso che il proprietario mi avrebbe "forse"
ceduto i diritti per usare la testata "Sonny" per la Germania, ma la
cifra che chiedeva era talmente alta che nemmeno i più grandi Editori
italiani se la sarebbero sentita di eseguire quella operazione. Così fu
determinata la fine di "Sonny".
I direttori e
redattori furono dirottati alcuni presso il quotidiano per lavorare come
giornalisti, altri se ne andarono presso altre Editrici, altri ancora
smisero del tutto quel lavoro. So solo che, nonostante tutto, mi
pagarono puntualmente tutto il lavoro fatto, ma il contratto era stato
rotto da loro. Avrei forse potuto tentare di far causa per questo, ma
molti avvocati da me interpellati, mi consigliarono di lasciar stare:
quello aveva i più grossi avvocati che mi avrebbero comunque fatto
perdere una eventuale causa.
Così mi rimisi, con tristezza e molta difficoltà (anche perchè per poter realizzare tutto il lavoro per i due periodici "Sonny" e Sonny Parade",
avevo dovuto lasciare quasi completamente le mie collaborazioni ai
giornali italiani. e dovetti faticare non poco per farmi accettare di
nuovo e tornai anche a riscoprire le tariffe per i fumetti in Italia
erano rimaste completamente ferme ed erano molto inferiori a quelle
tedesche... Comunque, con molta umiltà, ripresi a lavorare per gli
Editori italiani: per il "Corriere dei Piccoli", "Il Giornalino", "Cucciolo", "Tiramolla" ed altri periodici minori, poi varie pubblicità per alcune grandi Agenzie di Milano.
La tristezza dipendeva dal fatto che mi ero "risvegliato"
improvvisamente da un sogno ed inoltre ero stato costretto ad
abbandonare la collaborazione dei numerosi Autori amici e colleghi che
avevano lavorato (con moltissimo entusiasmo) per noi: li ho ringraziati
moltissimo allora e li ringrazio anche adesso: moltissimo merito del
successo - per diverso tempo - di "sonny" è stato anche loro!
L'avventura di "Sonny" è stata bella, peccato che sia terminata...
Era passato un po' di tempo dopo la chiusura dei periodici di "Sonny" in Germania e Belgio e mi accorgevo sempre più che questo personaggio mi mancava...
Quindi un giorno proposi a Carlo Peirano, il direttore del settimanale "Più" di portare avanti la serie di "Sonny"; Peirano accettò con entusiasmo, solo che, non volendo correre rischi sui diritti dei diritti sul nome "Sonny", decisi di chiamarlo "Conny".
Così, qualche tempo dopo, apparvero su "Più" le prime storie di "Conny". Ai lettori piacevano molto e scrivevano alla redazione per esprimere il loro gradimento.
Ma
dopo alcuni mesi ricevetti una telefonata da Carlo Peirano che mi
diceva di aver ricevuto una lettera da parte di un avvocato della vedova
di Triberti che intimava di interrompere subito le pubblicazioni di "Conny".
La vedova sosteneva che, morto il marito, anche il personaggio
Gianconiglio avrebbe dovuto morire. Noi facemmo notare che tra l'altro
quel personaggio non si chiamava "Gianconiglio" ma "Conny" e poi ormai era diventato solo una specie di "involucro"
dato che la psicologia dei personaggi e dell'atmosfera delle storie era
completamente diversa. Ma tutto era inutile. La vedova scrisse a
Peirano delle lettere (lunghissime, di molti fogli) con moltissime
minacce e l'obbligo indiscutibile che la serie doveva essere
immediatamente interrotta. Io, attraverso il mio avvocato, feci notare
queste cose ed inoltre anche il fatto che, anche se per caso invece di
averlo chiamato "Conny", lo avessi chiamato "Gianconiglio", gli accordi con il marito erano stati che ulteriori utilizzi di quelle storie per il Corriere dei Piccoli
erano divise in questo modo: il 60% a me che ero il disegnatore ed il
40% per Triberti che era lo sceneggiatore. Quindi io avevo
comunque la maggioranza anche nelle decisioni. Dopo varie trattative,
nemmeno la proposta di "offrire" alla vedova un 40% della somma ricavata dalla realizzazione di "Conny", fu accettata. Lei ed il suo avvocato erano assolutamente inflessibili.
Dato
che la cosa si stava protraendo per troppo tempo e troppe arrabbiature,
il mio avvocato mi consigliò che, tutto sommato forse conveniva
chiudere con quel personaggio e pensare ad altri: la mia creatività non
avrebbe di certo faticato ad inventarne di nuovi.
Beh, come dicono in Inghilterra: "è morto il Re, viva il Re!" Oppure in Italia "Morto un Papa se ne fa un altro"... (uffa, con questi proverbi!...) Insomma, non conveniva proprio perdere tanto tempo a discutere con delle persone "ottuse"...
Così, al posto di "Conny", creai molti altri personaggi e riproposi anche il mio personaggio storico "Gervasio" (che avevo creato negli anni '50 per il Vittorioso ed i suoi albi.
Andai avanti con "Gipsy", "Il Paciugone", "Mister Magus" ed altri per "Più" e "Maxi Più", ma soprattutto "Slurp" (prima come "Microinserto" di "Più", poi come rivista tutta con questo personaggio e successivamente di nuovo come "Microinserto" su "Maxi Più" - vedere anche la puntata apposita dove ho parlato diffusamente di tutto questo); "Slurp"
ha riscosso un enorme successo sia come microinserti, sia come rivista e
sia come trasmissione Tv e a tutt'oggi ha numerosissimi fans ed ha un
suo sito "slurposissimo":www.perogatt.com/slurp!.
Per "Il Giornalino" creai l'Ispettore Perogatt (è consigliabile visitare il suo sito: www.ispettore-perogatt.suinternet.it), uno dei miei personaggi preferiti, anche perchè con questo personaggio sono riuscito a "folleggiare" un po' ed anche a far rivivere anche altri miei personaggi come Slurp e Ugo (il "non personaggio"
- dato che si vede solo la testa e le mani: non ha corpo... - che è
amatissimo tutt'oggi da moltissimi lettori di tutte le età, bambini e
bambine; è visitatissimo anche il suo sito www.perogatt.com/ugo) e Nostradamus Junior (con il quale realizzai il suo oroscopo ed anche per diversi anni il calendario del Giornalino in un inserto speciale) .
(45 Segue)
NOTA
Come al solito, per inserire i propri (graditissimi) commenti occorre cliccare sulla scritta "commenti", quella sotto
alla linea orizzontale. Purtroppo chi ha progettato questo sito ha
cercato di mettere a dura prova la... pazienza di chi desidera
commentare :-)
Il primo numero del mensile "Sonny" in Germania era stato lanciato alla grande: annunci giornalieri sul quotidiano "Bild", annunci su vari periodici tedeschi, poi grandi poster (in un lato un grande disegno di Sonny e sull'altro una storia completa, ovviamente presentata da Sonny) in omaggio sui principali periodici delle Editrici collegate con "Bild" compresa ovviamente la "Koralle Verlag" che editava appunto anche "Sonny".
Il
direttore ed i vari redattori erano soddisfatti e la sera del nostro
arrivo ci invitarono ad una cena speciale presso un ristorante di lusso
di Amburgo. Il menù era quasi tutto a base di pesce e vino bianco. Io
solitamente non amo molto il pesce perchè, originario dell'Adriatico ed
essendo stato da giovane anche pescatore oppure ci si serviva
direttamente dai pescatori all'alba appena giunti in porto, ho acquisito
un olfatto particolare per cui, se il pesce non è perfettamente fresco,
non riesco proprio a mangiarlo. Ma in quella occasione non volevo scontentarli ed accettai il pesce che mi veniva servito. Mi servirono una sogliola così grossa che non ne avevo mai viste così. Trovai
che il pesce non solo era freschissimo, ma cucinato in maniera
perfetta! Mi complimentai per questo e mi dissero che in quel locale
servivano solo pesce appena pescato nel mare del Nord. L'unico difetto
era che il vino bianco era francese: beh, i francesi saranno bravi a
preparare lo champagne, ma il vino bianco è senz'altro migliore quello
italiano. Comunque durante quella cena parlavamo anche del nuovo
giornale "Sonny" ed ovviamente, pur essendo realizzato bene, si
notarnono alcune piccole inesattezze, ma non erano un problema: con il
secondo numero tutto sarebbe stato sistemato al meglio. Solo che... mi
fecero notare che ero un po' in ritardo con le consegne del tascabile "Sonny Parade".
Già, con tutto il lavoro che avevamo fatto (ci eravamo avvantaggiati di
alcuni numeri), mi ero quasi dimenticato dei fumetti per quel
tascabile... Ma promisi che al più presto sarebbero arrivate le prime
storie.
Infatti, appena tornati a Milano, ci organizzammo subito per poter preparare le storie per "Sonny Parade"; era grande all'incirca come il nostro "Topolino",
anche se un po' più stretto e più alto, ma con moltissime pagine in
più. Ovviamente... tutte quelle pagine andavano riempite...
I nostri
collaboratori ci diedero sotto in maniera esemplare ed anche la
realizzazione delle tavole (in formato un po' più piccolo) andava avanti
molto bene, in modo che in pochi giorni il primo numero era quasi
pronto. Nella puntata precedente non avevo detto che io, oltre a
schizzare le tavole di tutte le storie, eseguivo poi un lavoro di
"finitura" con aggiunte, correzioni, effetti, ecc. ed anche questo
serviva per dare un senso di "uniformità" al tutto. Ovviamente la stessa
cosa veniva effettuata anche per le storie di "Sonny Parade",
solo che qui le storie erano molte di più. In quel periodo ero veramente
strapreso dal lavoro ed avevo pochissimo tempo per il riposo. Il nostro
medico mi consigliò di prendermi ogni tanto qualche piccola pausa, cosa
che feci quasi subito: in effetti cominciavo a sentire un po' troppo la
stanchezza. Quindi, con quelle "piccole pause" ritrovai tutta la forza e l'entusiasmo.
Quando finalmente le storie per il primo numero di "Sonny Parade"
furono pronte, le spedimmo con il solito sistema: spedizione con il
servizio aereo (della "Luftansa") in modo che poche ore dopo il
materiale si trovava sul tavolo della redazione. Qualche tempo dopo fu
pronto anche il primo numero di questo secondo periodico (con cadenza
trimestrale).
Anche qui, come sul mensile "Sonny", sopra la testata era stato posta la scritta "CARLO PERONI'S - SONNY".
Insomma, in breve tempo il mio nome cominciò ad essere molto conosciuto
in Germania, tanto che una volta, durante uno dei tanti viaggi ad
Amburgo, ebbi la sorpresa di trovare in una stanza un gruppo di lettori
arrivati da tutte le parti della Germania: avevano vinto un concorso per
poter venire ad Amburgo a conoscere il creatore di "Sonny"! Dico
la verità, fui molto sorpreso ed anche molto contento: prima di allora
io ero conosciuto in Italia, ma non mi era mai successo che ci fosse
addirittura un concorso per conoscermi di persona.
Intanto che io
preparavo dei disegni personalizzati per ciascun lettore, vidi
attraverso una grande vetrata, mia moglie che, nella stanza accanto,
"chiacchierava" allegramente con le mamme dei ragazzi. La
cosa mi stupì molto poichè sapevo che mia moglie conosceva solo
pochissime parole in tedesco e mi chiedevo come facesse a comunicare con
loro. Più tardi vidi che era molto soddisfatta e mi disse che aveva
"chiacchierato" con quelle signore ed avevano parlato, tra le altre
cose, di cucina e loro le avevano insegnato delle ricette locali mentre
mia moglie (di origini bergamasche) aveva insegnato loro dei piatti
bergamaschi o lombardi o addirittura romani (avendo abitato per diversi
anni a Roma, mia moglie ha imparato a realizzare anche molte ricette
locali). Scoprii poi come avevano fatto a comunicare: su un tavolo
c'erano molti fogli con dei disegni più o meno schematici ed avevano
usato quel particolare sistema di comunicazione...
Qualche tempo dopo
ricevetti una telefonata da Amburgo dove mi comunicarono il risultato
di una indagine ufficiale di gradimento dei vari giornali per ragazzi: "Sonny" aveva superato il "Topolino" tedesco (mi sembra si chiamasse Miki Maus).
Così,
con l'entusiasmo aumentato, il lavoro progrediva alla grande. Quelli
della redazione mi chiesero di preparare una copertina speciale per un
grande disco, un LP con degli attori che avevano creato le voci dei
personaggi dei "Sonny" che recitavano delle avventure già
pubblicate sui periodici; all'interno dell'LP era stata anche inserita
una musichetta che faceva un po' da "colonna sonora". Anche quel disco ebbe un grosso successo.
Con un numero di "Sonny"
i lettori trovarono anche una sorpresa: una busta contenente dei gadget
preparati appositamente e tutti avevano a che fare con i vari
personaggi. Quando lo seppi dovetti faticare per riuscire ad ottenere
almeno una di queste buste con i gadget (purtroppo non ricordo come
l'avevano chiamata). Dentro c'erano degli oggetti buffi, sonori,
scherzosi... ed in molti c'era la faccia di Sonny o degli altri
personaggi della serie.
Qualcuno, in una precedente puntata del PeroBlog, mi aveva chiesto quali erano i nomi dei vari personaggi della serie "Sonny" ed i corrispettivi con i personaggi della serie "Gianconiglio". Ebbene, temo di non essere stato sufficientemente chiaro: Sonny aveva pochissimi riferimenti al "vecchio"
Gianconiglio; i personaggi secondari erano cambiati quasi tutti e ne
erano nati moltissimi nuovi. Quali erano i nomi in tedesco dei
personaggi della serie "Sonny"? Beh, mi è un po' difficile ricordarmeli
anche perchè erano diventati veramente tanti, e poi sono passati diversi
anni e nel PeroBlog racconto gli aneddoti che mi ricordo: non ho
appunti o altro, quindi devo solo fidarmi della memoria... A volte c'è
qualche amico che aveva lavorato per me che magari si ricorda qualche
particolare in più... Come ho già detto più volte, in questo PeroBlog
non ho intenzione di scrivere una mia storia, ma solo degli aneddoti
riguardanti persone o fatti del mondo dei fumetti (ma anche del disegno
animato, della Tv, del cinema, del teatro) e poi, volutamente, non metto il tutto in ordine cronologico, ma in ordine "quasi" logico ed anche in base... alla mia memoria ;-) Bene, allora vediamo un po' che cosa mi ricordo...
Ecco, mi ricordo che la serie di "Sonny" si svolgeva nel paese chiamato "Hasenruh" (mi sembra di ricordare che più o meno significava "il paese dei conigli").
Nelle storie di "sonny" avevo inserito anche il Professor Uhu, un gufo inventore che viveva in una casa di legno su un albero.
Poi,
evidentemente infulenzato anche della presenza del porto ad Amburgo e
del vicino Mare del Nord, diverse storie si svolgevano in mare dove
c'era anche una nave comandata da un pellicano: Käptn Pelikan (Capitan Pellicano); qui c'era il cuoco, che in effetti era un tricheco (ma non ricordo il nome che gli avevo dato e che i tedeschi poi avevano tradotto) ed il mozzo raffigurato da un piccolo cane cocker (anche qui non ricordo il suo nome), era spesso la vittima degli ordini a volte un po' strampalati del capitano e del cuoco.
Inoltre a volte era presente anche un vecchio fantasma un po' pazzoide, vestito in costume tipo quello dei pirati (anche qui... non ricordo proprio il suo nome).
E poi anche molti altri personaggi - animali antropomorfi - strani, come ad esempio dei dromedari...
Ah, potrei aggiungere che spesso il motto di questo periodico era:
SONNY - der lustigste Hase der Welt! (SONNY - il coniglio più allegro del mondo!).
Beh, ci sono anche altri aneddoti sull'argomento "Sonny", ma al momento non voglio annoiare chi sta leggendo...
Magari li inserirò in una apposita puntata (sempre ovviamente del mio PeroBlog). Quando? Magari la prossima? Vedremo...
(44 Segue)
Herr Peronen (b)
Allora, dove eravamo rimasti? Ah, ecco: per tenere i contatti con la redazione di "Sonny" io e mia moglie ci recavamo quasi tutte le settimane in Germania, ad Amburgo.
La prima volta che andammo ad Amburgo ci fu una riunione presso l'Editrice "Koralle Verlag"
e ad un certo punto io e mia moglie ci guardavamo con l'aria
interrogativa: erano già passate le due del pomeriggio ma quelli non
parlavano di mangiare e proseguivano con la riunione. Ad un certo punto
io feci capire che non ce la facevamo più dalla fame. Allora, il vice
direttore (che capiva molto bene l'italiano) ci disse che era strano che
avessimo fame perchè loro non usano fare il pranzo e ci chiese che cosa
avevamo preso per colazione e quando dicemmo che mia moglie aveva
mangiato caffè-latte e un paio di fette biscottate ed io invece un tè
con qualche biscotto, ci disse che avevamo sbagliato: in Germania al
mattino si deve mangiare molto perchè non esiste il pranzo. Quindi ci
disse che, per quella volta, avrebbero cercato un modo per rimediare;
ma, essendo ormai tardi ed i locali dove si poteva mangiare erano quasi
tutti chiusi, ci chiese se ci saremmo accontentati di qualche "stuzzichino".
Rispondemmo affermativamente. Quello ci portò in una specie di bar che
si trovava vicino alla redazione e parlò con i proprietari. Pochi minuti
dopo ci portarono due grossi piatti ovali da portata con dentro un po'
di tutto con molte salsine. Beh, sinceramente non sapevamo che cosa
c'era dentro, ma era tutto molto buono ed abbondante. Dopo quella volta a
colazione ci rimpinzavamo il più possibile. Mia moglie, poi, mangiava
anche il pesce al mattino...
Una
volta eravamo andati ad Amburgo in pieno inverno ed una sera io e mia
moglie decidemmo di uscire a fare una passeggiata prima di andare a
dormire. Dato che ci avevano detto che poco lontano c'era la riva di un
lago che non avevamo ancora visto, pensammo di andare a vederlo di
notte. Ma, prima che arrivassimo nei pressi del lago ci accorgemmo che
eravamo tutti e due intirizziti e non riuscivamo nemmeno più a camminare
dal freddo intenso. Temevamo di rimanere immobilizzati dal ghiaccio,
dato che facevamo sempre più fatica a muoverci. Io ad un certo punto
dissi: "Se non ci muoviamo in fretta, domattina i tedeschi
scopriranno che vicino al loro lago avevano messo due nuove "statue",
cioè... noi!" Così facemmo - con fatica - marcia indietro verso
l'albergo e ci arrivammo dopo diverso tempo. In albergo ci dissero che
quella sera c'erano moltissimi gradi sotto zero e nessuno osava uscire
con quel freddo...
Amburgo
è una bella città che però è stata quasi tutta ricostruita dopo i
numerosissimi bombardamenti che c'erano stati durante la seconda guerra
mondiale. Così, con la ricostruzione, hanno approfittato per migliorarla
il più possibile ed alcuni quartieri sono veramente belli e godibili.
Dato però che Amburgo solitamente è una città molto fredda (il mare del
nord si trava abbastanza vicino) ed il cielo è spesso grigio, anche i
palazzi risultano un po' troppo bui. In alcuni punti hanno pensato di
affrescare delle intere facciate per rallegrare la città; in un punto
avevano addirittura disegnato - in maniera realistica - il proseguimento
di una via: solo avvicinandosi si scopriva che lì c'era un muro, anche
perchè... in un angolo c'era una finestra....
Avevo notato anche che
quasi tutti gli autobus erano disegnati e molto colorati. Insomma, una
città che aveva un aspetto un po' triste, in quel modo diventava molto
allegra.
Ad
Amburgo vi si trova anche il secondo porto più grande del mondo ed io e
mia moglie desideravamo andare a visitarlo; avevamo chiesto a qualcuno
della redazione se ci accompagnavano, ma non trovavano mai il tempo,
quindi un giorno ci siamo avventurati noi due da soli - a piedi -
chiedendo ogni tanto informazioni in tedesco (io avevo studiato il
tedesco a scuola e poi mi ero portato dietro un piccolo vocabolario per
prudenza...) ed abbiamo raggiunto il porto. Lo abbiamo visitato quasi
tutto ed ad un certo punto abbiamo visto un bar di pescatori costruito
dentro una vecchia barca rovesciata. Non era un bar per turisti, ma per
marinai. Dentro c'era gente di tutti i tipi e di tutte le nazionalità;
le loro facce erano poco raccomandabili, ma noi abbiamo bevuto un
aperitivo e poi ce ne siamo andati salutati da quasi tutti gli
avventori.
Poi,
dopo aver girovagato e curiosato anche dei negozi che si trovavano su
alcune panchine (la maggior parte vendeva materiale porno per i
marinai...), siamo tornati in centro ed abbiamo voluto assaggiare i
wurstel e crauti, ma quelli autentici, ed abbiamo trovato un locale
tipico ma economico. Lì ordinai i wurster e crauti (enormi, non come
quelli che si vendono in Italia), ma noi volevamo mangiare anche un po'
di pane. Allora mi sono recato al bancone ed, indicando il pane che
avevano nella vetrina, dissi alla signorina dietro al bancone: "Zwei kleine Brot, bitte" (per dire "due panini per favore" e feci anche segno "due"
con le dita). La signorina mi guardò stupita, allora ripetei la frase,
indicando molto chiaramente i panini e quella ha chiamato altre commesse
e finalmente una mi disse: "zwei Brote?" ed indicò i panini. Quindi, alla mia risposta affermativa, me li diede.
Successivamente,
in redazione, mi spiegarono che per loro la frase che avevo detto era
incomprensibile perchè avevo usato il singolare ("Brot") indicando "due" mentre avrei dovuto dire "Brote"
che sta per il plurale. Insomma, i tedeschi sono veramente
completamente diversi da noi: ho scoperto allora che noi italiani
abbiamo molta più fantasia. Se per caso un turista straniero dicesse ad
un negoziante "Mi dia due panino per favore", quello avrebbe capito subito che voleva dire "Mi dia due panini per favore", no? Beh, quasi come dice Obelix: "SPQT, Sono Pazzi Questi Tedeschi"...
Comunque,
quando abbiamo fatto ritorno ed abbiamo raccontato della nostra visita
al porto, quelli della redazione ci rimporverarono per esserci andati da
soli: quella è una zona molto pericolosa e pochissimi si avventurano in
luoghi come quello: avremmo potuto fare anche brutti incontri e...
rischiare di "sparire". Ci dissero anche che diverse persone che si sono
recate a visitare il porto non si sono più fatte vive e la Polizia non è
mai riuscita a rintracciarli. Noi considerammo che effettivamente
avevamo rischiato molto, ma io ero convinto che quello che ci avevano
detto si trattava solo di "leggende metropolitane". Almeno così speravo...
Una
volta ci portarono a mangiare in un locale dove dicevano che c'erano
tutte specialità tedesche. Le portate erano tutte molto buone. Ad un
certo punto i camerieri ci portarono un piatto con una "cosa" bianca che sembrava panna.
Dato che io non posso mangiare la panna perchè ne sono sempre stato
allergico, chiedemmo che cosa fosse. Ma il mio tedesco era piuttosto
scadente ed ad un certo punto arrivò un altro cameriere; questi aveva la
faccia da perfetto tedesco, con le gote rosse ed i capelli biondi. Mi
disse: "Mi dica, dottò" Ed io gli risposi: "Ah, lei è italiano!" E lui: "No, io sò tedesco, dottò".
Rimasi incredulo e gli chiesi come mai parlava in quel modo e lui
rispose che era stato a lavorare in Italia aveva imparato l'italiano,
solo che era stato a Roma... Comunque mi spiegò che quella "roba" non era panna,
ma dei rapanelli lavorati in modo tale che sembravano panna. Non ne
avevo mai visti lavorati in quel modo ed erano buonissimi.
Un'altra
volta ci portarono in un altro locale dove sui tavoli non c'erano
tovaglie. Noi rimanemmo perplessi, ma il nostro accompagnatore ci disse
che in quel locale, ogni volta che andavano via dei clienti, pulivano i
tavoli con un mattone speciale che "grattava" via una
piccola fetta dalla parte superiore del tavolo. Notai che quel legno era
di uno spessore notevole, altrimenti sarebbe "svanito" in poco tempo...
Quando
ormai avevamo chiarito tutti i particolari dell'operazione,
praticamente mancava solo la riunione ufficiale con la firma del
contratto. però il redattore ormai nostro amico ci disse che lui, il
loro direttore di Amburgo ed il suo vice, prima di indire quella
riunione speciale, volevano prima visitare i nostri studi per
essere rassicurati: l'operazione era così imponente che preferivano non
correre rischi. Così fummo "costretti" a fissare una data per questo
incontro a Milano.
Ma, arrivati a casa, cominciammo a sudare freddo:
noi avevamo uno studio, ma era piuttosto piccolo in confronto ai loro e a
quanto sicuramente si immaginavano, quindi temevamo che, se quelli
vedevano in quali condizioni noi lavoravamo, ci avrebbero rifiutato quel
lavoro. Ma non ci demmo per vinti.
Studiammo velocemente il da
farsi e la decisione fu che, quando fossero arrivati i dirigenti da
Amburgo, la nostra casa (un grande appartamento all'ultimo piano di un
complesso di case - piuttosto di lusso - di circa 200 metri quadri con
un piccolo attico ed un grande terrazzo superiore) si sarebbe trasformata (per un giorno) in un grande studio!
Così, con l'aiuto dei nostri figli e di alcuni collaboratori, realizzammo quella "trasformazione" giusto in tempo per l'arrivo del gruppo dei dirigenti.
Dato che, per questa operazione, avevamo aperto la ditta "CPPC" (Carlo Peroni Produzione Comics), sulla porta avevo applicato una speciale targa con l'insegna ed il logo della ditta.
Il gruppetto dei dirigenti entrarono e ci fecero i complimenti per l'ambiente e soprattutto per lo "studio";
avevano notato anche il grande pannello che avevo appeso alla parete e
questo, per i tedeschi, era il segno di grande organizzazione (sapevo
che loro amano quei grandi grafici, anche se io lo avevo preparato solo
per miei motivi pratici) che andava molto d'accordo con la loro
mentalità. Mentre giravano per le varie stanze dello "studio" (anche le
camere da letto erano state trasformate provvisoriamente in studi: i
mobili li avevamo nascosti dietro grandi pannelli) passava continuamente
gente, i nostri collaboratori (che avevamo chiamato a casa nostra per
quella occasione) che giravano con delle tavole in mano ed ogni tanto
qualcuno mi chiedeva dei particolari ed io rispondevo subito fornendo
delle risposte spesso tecniche.
Anche i nostri figli (con alcuni loro amici che avevano chiamato per "recitare"
quella parte) andavano avanti ed indietro con montagne di tavole e
colori. Insomma, riuscimmo a dare l'idea di una organizzazione perfetta e
molto attiva.
Il direttore della sede di Amburgo si complimentò con
noi. Praticamente eravamo riusciti a convincerli. Durante la loro
visita non accennammo assolutamente all'idea di pranzare (conoscendo le
loro abitudini, noi avevamo mangiato abbondantemente la mattina, prima
che loro arrivassero), ma ad un certo punto della sera dicemmo che si
era fatto tardi e dovevamo recarci presso il ristorante che avevamo
prenotato. Così la "visita" allo studio "CPPC" di Milano terminò.
Nostra
figlia si era incaricata della cena: aveva fissato dei posti speciali
in un ristorante tipico di Milano, in una zona altrettanto
caratteristica: sui "navigli" (contrariamente a Roma, a Milano di località "caratteristiche" non ce ne sono tante e quella principale era appunto uno dei diversi "navigli",
cioè delle vie d'acqua artificiali che un tempo servivano per
trasportare dei materiali al centro della città). Il locale era
piuttosto bello, non troppo affollato ed il servizio ottimo. I cibi
erano presentati in maniera caratteristica e comunque tutti molto buoni.
Il gruppetto di tedeschi fu affascinato da quella deliziosa ed
appetitosa cena. Inoltre avevamo scelto un vino molto buono (piuttosto
costoso, ma ne valeva la pena). Mia figlia aveva dato ordine, in
precedenza, che i camerieri controllassero che nei bicchieri dei
tedeschi ci fosse sempre del vino. Alla fine della cena furono
soddisfattissimi e si congratularono ancora con noi. Il direttore della
sede di Amburgo ci disse che si poteva fissare subito la data della
firma del contratto. Dopo aver accompagnato e salutato il gruppetto dei
tedeschi nel loro albergo, noi tornammo a casa stanchi morti ma soddisfatti: eravamo riusciti nell'intento!
Si
era fatto piuttosto tardi e temevamo di dover dormire in terra, invece i
nostri figli ci avevano fatto una sorpresa: mentre noi eravamo a cena,
avevano disfatto le camere e così potemmo finalmente riposare
tranquilli.
Qualche
giorno dopo, in occasione della firma del contratto, ci recammo ad
Amburgo alla data fissata. Avevano deciso che, per qualla importante
occasione, ci ospitavano all'Hotel Plaza: uno dei più alti grattacieli di Amburgo e noi ci saremmo trovati "solo" al ventesimo piano...
Era
ovviamente un albergo molto di lusso e scoprimmo che in quel
grattecielo c'era un'intera città: in diversi piani c'erano dei negozi
di vari tipi. In pratica, se uno avesse voluto, avrebbe potuto vivere
bene anche senza uscire mai dall'albergo.
Però... quella volta,
evidentemente per un effetto della presurizzazione un po' difettosa
dell'aereo sul quale avevamo volato, mia moglie, appena usciti
dall'aeroporto, proprio un metro dopo, ebbe un piccolo capogiro e cadde
in terra. Si fece molto male ad un braccio e il nostro accompagnatore
(che era venuto a prenderci allaeroporto) disse che era una sfortuna
perchè se fosse caduta appena un metro prima ne avrebbe risposto
l'aeroporto, così invece... Comunque lui accompagnò mia moglie presso un
ambulatorio e me alla redazione dove ci stavano aspettando per
discutere e firmare il contratto. Dato che (come quasi sempre) avevamo
deciso che per quanto riguardava la parte finanziaria, avrebbero dovuto
parlare con mia moglie più che con me; ma, non essendo ancora arrivata
mia moglie, l'incontro ebbe inizio.
Per l'occasione era arrivato il
loro direttore generale appositamente da Berlino. Loro parlarono per
diverso tempo in tedesco ed io ogni tanto li interrompevo perchè "sentivo"
che, secondo me, il traduttore non aveva tradotto esattamente quanto
diceva il dirigente, e facevo ripetere. Così la riunione durò abbastanza
a lungo. Io riuscii ugualmente a far aggiungere nel contratto delle
frasi a mio favore e farne togliere alcune che erano completamente a mio
sfavore. Io cercavo di portare il discorso un po' sulle lunghe perchè
attendevo l'arrivo di mia moglie, ma quel dirigente di Berlino doveva
ripartire ed alla fine, ormai molto tardi, firmammo il contratto.
Poco
dopo arrivò mia moglie con il braccio ingessato, doppiamente avvilita
perchè non aveva potuto assistere alla riunione e partecipare alla
stesura del contratto e poi perchè, per i giorni successivi, avrebbe
dovuto rimanere a letto, immobile.
Mia moglie così rimase nella
camera, che poi, più che una camera era quasi un appartamento, ma doveva
rimanere a letto anche se completamente servita dalle cameriere. Però
era scocciata perchè, proprio l'unica volta che si trovava all'Hotel Plaza, doveva trascorrere tutto il tempo a letto...
Tornati
a Milano, iniziammo subito il lavoro: si trattava di realizzare
completamente un mensile con varie storie di Sonny con - ovviamente - la
copertina che veniva studiata in maniera particolare, con molti più
studi di quanto non si usi fare per i giornali in Italia, fino ad
arrivare a quella definitiva.
Data l'enorme mole di lavoro, avevamo contattato molti noti e bravi disegnatori e sceneggiatori. Fra i disegnatori posso citare Attilio Ortolani (che aveva realizzato molti fumetti per "Cucciolo", "Tiramolla" e per il "Corriere dei Piccoli" e successivamente disegni per il "Corriere della Sera"), Sergio Asteriti (bravissimo disegnatore dei fumetti di Topolino, con un suo stile particolare riconoscibilissimo), Massimo De Vita (anche lui noto disegnatore per Topolino, con uno stile un po' più disneyano), Clod (nome vero: Claudio Onesti - era stato uno dei principali aiutanti di Bonvi ed attualmente disegna fumetti sul Giornalino), Pinù (era stato redattore e fumettista per il "Messaggero dei Ragazzi" di Padova: io lo avevo conosciuto a Roma quando era un ragazzino che frequentava spesso la redazione del Vittorioso
per curiosare ed... imparare. A me piaceva molto il suo modo di
raccontare e disegnare che ricordava un pochino quello del famosissimo
Autore americano Barks, il più bravo disegnatore di Paperino e Paperone), Alberto Simioni (autore del famosissimo "Gigi Tex" che aveva pubblicato sul mensile "Piccolo Missionario" ed altri giornali e libri), Roberto Simioni
(fratello di Alberto, che aveva uno stile del tutto particolare) e
molti altri. Per quanto riguarda i soggettisti e gli sceneggiatori posso
citare ad esempio Umberto Volpini (che in quel periodo era anche il mio "braccio destro":
lui pensava anche a tenere sempre aggiornato il grande pannello con la
situazione del lavoro; era anche giornalista e assiduo collaboratore per
la rivista "Wow" di Luigi F. Bona), Roberto Anghinoni
(che aveva imparato da me il mestiere di sceneggiatore essendo anche
vicino di casa; assieme avevamo anche realizzato alcuni personaggi dei
quali parlerò in un'altra puntata... Attualmente cura varie riviste ed è
anche uno dei "colpevoli" (con Paolo Telloli) della rivista "Ink" molto conosciuta dagli appassionati di fumetti), Pinù
(era l'unico fra i nostri collaboratori che, oltre a disegnare, spesso
scriveva anche i testi: a volte illustrati poi da lui, altre volte
realizzati da altri colleghi, molte storie scritte da lui le realizzai
io da solo) ed altri che in questo momento mi sfuggono i nomi, ma fra
questi - ovviamente - c'ero anch'io...
Tutti i nostri collaboratori
avevano ricevuto una cartella con gli studi dei vari personaggi ed anche
la piantina della città dove si svolgevano le storie: Hasenruh.
Io
avevo incaricato una tipografia di stampare in azzurro chiaro le tavole
(già tagliate nelle due misure: mensile e tascabile) con in alto gli
spazi per poterci poi scrivere il codice della storia, il titolo, il
numero della tavola ed il nome dello sceneggiatore e del disegnatore.
Una
volta pronte le sceneggiature (che venivano realizzate su mie
indicazioni e su soggetti - per la maggior parte studiati da me) io
schizzavo in azzurro tutte le tavole delle varie storie: questo per far
sì che, anche se venivano poi realizzate da vari disegnatori, lo stile
principale risultasse comunque il mio. Un lavoro enorme che mi teneva
impegnato moltissime ore al giorno, ma che facevo volentieri perchè mi
divertivo anche molto: il personaggio "Sonny" mi piaceva, al contrario di "Gianconiglio" che era, a mio avviso, troppo "bambinesco" e non per colpa mia, ma per colpa di Carlo Triberti l'autore dei testi per il Corriere dei Piccoli.
Una volta realizzati i disegni originali delle storie di "Sonny", occorreva far preparare le "pellicole"
per la stampa (che facevamo realizzare da un apposito studio milanese)
con le "prove di stampa" su carta speciale che serviva anche per
realizzare i colori.
Noi eravamo incaricati di preparare anche tutte le indicazioni per le colorazioni che poi servivano ai coloristi.
Quando
il tutto era pronto, dovevamo spedire - via aerea - il pacco con il
materiale ed, alle date fissate, occorreva arrivare in tempo in modo che
partisse con il volo prefissato. Ovviamente le sceneggiature io le spedivo in Germania scritte in italiano: poi pensavano loro a tradurre il tutto in tedesco.
Una
volta che in redazione (ad Amburgo) avevano controllato bene tutti i
testi (un lavoro piuttosto laborioso: la lingua tedesca è molto
più difficile da scrivere - senza errori... - di quella italiana),
spedivano il materiale alla tipografia: la stampa avveniva in Italia (in
provincia di Milano) e quindi spedite le copie ad Amburgo.
La cosa
può sembrare strana e complicata, ma i tedeschi avevano notato che in
Italia la qualità della stampa era migliore della loro, inoltre i costi
erano inferiori a quanto sarebbe costato tutto quel lavoro in Germania.
Poco tempo dopo, finalmente, era pronto il primo numero della nuova versione del periodico"Sonny". Così, io e mia moglie ci recammo di nuovo ad Amburgo per festeggiare l'avvenimento assieme ai redattori.
Ma... vedo che c'è ancora tanto da dire, per cui il seguito sarà qui, sul PeroBlog, fra qualche giorno... Non mancate!
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In
quel periodo io e mia moglie ci recavamo - quasi tutte le
settimane - in Germania, ad Amburgo per tenere i contatti con la
redazione, e...
Ma... questo e molto altro ancora, lo racconterò nella prossima puntata di questo PeroBlog. Allora, appuntamento qui!
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